Federico Ricci: ”Negli USA grandi quantità di lavoro e competizione esasperata. In Finlandia approccio più morbido e con Ruusuvuori c’è ancora molto da lavorare.”
Incontrai Federico Ricci, di cui avevo per altro sentito parlare benissimo, nel Challenger di Milano all’Aspria, quando lui accompagnava Niklas-Saalminen (vinse 2 partite di quali). Mi divertii a spiarlo, a rubarne i gesti, mi piacque molto l’atteggiamento e il modo di comunicare e ne ho avuto la conferma in questa intervista che considero tra le più interessanti che un appassionato, un tecnico, un genitore di tennista, possa ascoltare. Ricci affronta, grazie anche all’ottima stimolazione di Luca Fiorino, tantissimi argomenti che considero fondamentali: dalla differenza di mentalità tra USA e NordEuropa, alla diversità di approccio tra maschi e femmine. Passando ovviamente per i next gen come Sinner e il suo giocatore Emil Ruusuvuori. Un Coach di una competenza impressionante e anche molto bravo a spiegare le dinamiche che fanno la differenza tra Junior e Pro.
Intervista a Federico Ricci di Luca Fiorino
Il Coronavirus in Finlandia dall’ottica di Federico Ricci.
“Vivo da molti anni in Finlandia ma non ho ancora imparato davvero bene il finlandese. Qui ci sono delle restrizioni, ma alcuni circoli, almeno quelli privati sono ancora aperti. Qui contano tanto anche sulla disciplina della gente e sono anche sottopopolati rispetto alla grandezza del Paese.”
Il danno subito economicamente dal tennis.
“Il Tennis ha anche il problema di essere a livelli differenti, a seconda se parli di professionismo, o di agonismo dilettantistico o anche semplicemente di amatori da circolo. Certo tantissime figure professionali sono state messe in enormi difficoltà: Maestri dei circoli, tecnici che lavorano con Junior, chi segue i professionisti, e tutte le altre figure che ruotano intorno a questo nostro mondo, dai preparatori atletici ai fisioterapisti, passando per chi ricopre mansioni organizzative o amministrative. Pensa adesso a tutti gli sponsor che potrebbero venire a mancare a atleti e organizzazione dei tornei. Bisognerà vedere quando tutto tornerà alla normalità, come si muoveranno i vari attori della scena tennistica: come Coach di professionisti mi auguro che l’ATP e la WTA si diano da fare affinchè i tornei possano ripartire. Sono i tornei con i loro prize money a dare il denaro necessario agli atleti e ai loro staff per poter competere. A livello di circoli sportivi mi auguro che le Federazioni e i governi degli Stati possano contribuire per fare in modo che le attività ripartano. Poi c’è il discorso allenatori che siamo una categoria poco tutelata a qualsiasi livello.”
La possibilità di ripartire con un circuito nazionale, il pensiero di Federico Ricci.
“Beh, la possibilità di giocare, di avere degli obiettivi per i quali allenarsi, sarebbe già qualcosa di molto positivo. Ok sarebbe magari un obiettivo soft, quella della competizione solo nazionale, però già darebbe un po’ di carica in più. Perché adesso il punto di domanda è: “ci stiamo preparando, ma per cosa? E per quando?”. Le date di rientro sono ancora molto, troppo, indicative.”
L’esperienza di 9 anni alla Evert Tennis Academy in Florida di Federico Ricci.
“E’ stata una esperienza eccezionale, io sono arrivato lì giovanissimo e ho avuto la fortuna di lavorare con grandissimi allenatori che mi hanno insegnato tantissimo. Io venivo da un’ottica differente, da giocatore e italiana. Le due cose che mi sono rimaste in mente sono: per primo la quantità di lavoro. Ci sono pochi segreti del successo economico e sportivo dell’Accademia, e uno di questi è la quantità delle ore di lavoro. Si cominciava tutti i giorni alle 7 e si finiva alle 17. E c’erano periodi in cui si faceva 7-19 per parecchie settimane di seguito. E lo fai sotto il sole torrido della Florida con pressioni forti. E questa è la seconda cosa: la competizione. Le pressioni che derivano da una competizione esagerata sono formative, ti abituano a sopportarle e questo te lo ritrovi dopo nelle varie fasi della carriera. A livello competitivo non c’è nulla come gli Stati Uniti. C’è un accanimento, una costante voglia di risultati, di miglioramento che ti mettono addosso molta pressione e che non si trovano in altre parti del mondo. Subito dopo io mi sono spostato totalmente all’opposto, gli antipodi come mentalità, cioè in Finlandia, dove per farli lavorare ci vuole la frusta. In Finlandia non lavorano nel week end nemmeno se li costringi, c’è una mentalità molto basata sul concetto di “tutti uguali”, in cui la competizione non è una priorità e questo li porta concettualmente verso una mediocrità spalmata ad ogni livello. Qui tutti hanno gli stessi vantaggi e gli stessi benefici, quindi io sono passato da un estremo all’altro. Quindi quantità di lavoro e competitività sono il marchio di fabbrica degli Stati Uniti e di Chris Evert stessa. Io me la ricordo a giocare i punti con le ragazze di 15 anni e non mollare di un centimetro. A livello competitivo è ancora assolutamente impressionante.”
Aneddoti di Federico Ricci su McEnroe e Lendl.
“Al torneo di Delray Beach girava anche il Champions Tour, quindi i veterani. McEnroe veniva quasi sempre e tutti i vecchi campioni avevano una voglia di competere e una attenzione al dettaglio fortissima. McEnroe e Lendl non volevano nemmeno lo stesso palleggiatore, temendo che quest’ultimo potesse suggerire qualcosa all’avversario. Un livello di competizione assoluta, se si pensa che i due hanno giocato finali Slam e lì stavano giocando quasi una amichevole. Questo fa capire la mentalità.”
Il lavoro di Federico Ricci con Davis, Capra, Levine, Kontinen, Keys e le differenze uomo-donna.
“Alcuni li ho seguiti più da vicino, altri più da lontano. Soprattutto col femminile non ci si può dividere più di tanto, o alleni una o alleni l’altra, perché possono scattare gelosie tra le tenniste. Io mi reputo abbastanza fortunato perché sono riuscito ad allenare due ragazze insieme: sono stati due anni bellissimi, divertenti e anche difficili. Ho dei ricordi meravigliosi anche perché siamo riusciti a fare risultati straordinari, entrambe tra le prime 10 Junior al mondo, finale al Bonfiglio nella mia città l’una contro l’altra: parlo di Beatrice Capra e Lauren Davis. Una grande soddisfazione, seguirle per un anno e mezzo e vederle in finale insieme in un Grado A, beh è motivo di grande orgoglio. Beatrice poi quell’anno lì ha fatto cose grandissime, anche in WTA nel torneo di casa, gli US Open, quarto turno con la Sharapova. Sono stati anni molto belli e intensi e di questo devo ringraziare il mio boss di allora, John Evert, il fratello di Chris, che mi ha dato fiducia e questa grande opportunità. John mi ha permesso di crescere, facendomi lavorare con tennisti di alto livello, dandomi responsabilità all’interno della Accademia, facendomi stare a contatto con gente tosta e bravissima. La differenza tra allenare maschi e femmine? Forse le donne tendono ad essere più professionali: raramente bisogna ripetere le cose 3 volte, più fanatiche e più lavoratrici. Con gli uomini bisogna essere più flessibili perché tendono ad essere meno disciplinati. Poi durante i tornei il discorso si capovolge: gli uomini sono più focalizzati, hanno un fuoco interiore verso la vittoria; con le donne questo “drive”, questo fuoco interiore crea confusione, caos interno, insomma può anche diventare un ostacolo. Dal punto di vista emotivo e psicologico c’è un approccio totalmente diverso quando si va in competizione. Diciamo per assurdo che se potessi scegliere allenerei una femmina e andrei in competizione con un maschio. Naturalmente questo è un discorso generale. Perché se penso a Jarko Nieminen ad esempio, lui era in grado di allenarsi 8 ore al giorno, semmai era lui a spingere l’allenatore a restare in campo.”
Il trasferimento in Finlandia di Federico Ricci, gli inizi con l’accademia di Nieminen e il metodo di lavoro.
“L’Accademia è chiusa ormai da 3 anni, da quando ho cominciato a seguire privatamente Emil Ruusuvuori. Jarko non aveva più voglia di lavorare full time o viaggiare per cui non aveva senso tenerla in piedi. Io non avevo più interesse a rimanere in una Accademia perché l’avevo fatto per moltissimi anni, e poi facevamo anche fatica a trovare allenatori di buon livello, perché trasferirsi ad Helsinki non è come andare a Miami ecco. Con Jarko ci eravamo conosciuti incontrandoci nel Tour, aveva mandato i fratelli Kontinen in Accademia, e aveva un allenatore tedesco condiviso con Gilles Simon, che però non poteva seguirlo tutte le settimane. Io volevo rientrare in Europa e lui mi ha offerto la possibilità di seguirlo e poi di collaborare con lui, avendo progettato insieme la costruzione di una Accademia in Finlandia per il post-carriera di Jarko. Metodi di lavoro non ce n’è uno particolare: è stato abbastanza facile fare la differenza qui, nel senso che la Finlandia è un Paese piccolo, senza tradizione, senza un numero enorme di giocatori, e quindi è bastato metter su una struttura con un allenamento fatto bene. Vedo le stesse situazioni in Estonia e nei Paesi nordici come anche la Norvegia, nazioni con le quali ho ottimi rapporti. La Svezia è un po’ diversa perché ha una storia tennistica differente però sicuramente si sono adagiati sugli allori degli anni d’oro, c’è tanto da lavorare, e basta poco per fare la differenza.”
Il percorso di Federico Ricci con Emil Ruusuvuori, i problemi alla schiena e i trascorsi juniores.
“Emil è entrato a far parte della Accademia che aveva 13 anni, praticamente quando avevamo appena aperto. Sono stati anni difficili, non un processo lienare o agile. La cosa più difficile è stato fargli credere di poter fare qualcosa che in Finlandia non è usuale. Ricordiamoci che parliamo di un paese che crede concettualmente nel sistema egualitario, paritario: qui non si prova a fare qualcosa che altri non fanno. Voler essere il numero 1 ti porta difficoltà anche a livello mentale per il significato quasi negativo che qui vene dato; non è nel loro DNA culturale questa competizione esasperata e hai quasi sempre il dito puntato contro. Il secondo problema che abbiamo incontrato con Emil è con il suo carattere, le sue attitudini: lui è un tipo artistico, rilassato, è stato complesso passargli quell’adrenalina per fare una performance migliore. Poi ogni volta che stavamo facendo qualcosina di più si faceva male. Temendo che avesse delle ripercussioni sul piano motivazionale in quel momento particolare in cui non poteva scendere in campo, ebbi l’idea una di mandarlo con Jarko al torneo di Rotterdam, cosicchè potesse respirare l’atmosfera del grande tennis internazionale. Quella esperienza fu ottimale per fiutare i grandi atleti nei loro allenamenti, nel modo di approcciare gli eventi, come trovare soluzioni, gli atteggiamenti, insomma tutto ciò che caratterizza i grandi campioni non solo sul lato puramente tecnico.”
Emil, dal badminton al tennis e il suo carattere introverso.
“Qua il badminton è piuttosto diffuso. Quasi tutti i circoli in Finlandia hanno i campi di Badminton a lato di quelli di tennis. Le famiglie spesso indirizzano i bambini inizialmente proprio verso il badminton perché è più facile scambiare, il volano va più lento della pallina. Caratterialmente Emil è abbastanza introverso, con uno sguardo non verso l’orizzonte. E’ uno che vive abbastanza alla giornata che è positivo per certi versi, meno per altri. In partita questo gli è molto utile, ma fuori dal campo sarebbe meglio se ogni tanto guardasse anche al dopodomani e non all’immediato. E’ un ragazzo “easy”, non è uno che si fa molti problemi, non è pesante, vive le cose con relativa leggerezza e infatti in questo periodo è tranquillo. Il suo carattere lo aiuta a affrontare questo momento di forte insicurezza che si respira in giro. E’ un ragazzo al quale bisogna sempre trovare un angolo di divertimento, qualcosa che lo carichi perché è molto “finlandese” e nulla lo eccita particolarmente. Pensa che aveva 17 anni, l’ho portato in campo ad allenarsi con Dimitrov: sembrava che giocasse col suo collega nel circolo di Helsinki. Io lo conosco e ormai so quali cose lo accendono più di altre ed è un tipo di persona che va tenuto “vivo”, altrimenti è uno che si siede nel suo spazio di comfort. Molto facilmente Emil si rilassa o va giù di intensità, va tenuto un po’ sulle spine: ricordo dopo il Bonfiglio, abbiamo fatto 2 o 3 ore in Hotel a parlare perchè aveva il morale sotto terra. Adesso che è cresciuto succede meno, è abbastanza migliorato sotto questo punto di vista.”
Considerazioni tecniche su Ruusuvuori dal punto di vista del Coach Federico Ricci.
“Il fatto che Emil abbia avuto questi infortuni ci ha dato maggiore possibilità di lavorare sul piano tecnico. Lui apprende molto a livello visivo, quello è il suo drive di apprendimento principale: quando volevo che avesse idea di come colpire la palla in certe situazioni gli ho fatto vedere come doveva farlo e lui ha una risposta più immediata se stimolato in tal senso. Poi è ovvio, certe cose le prova lui e le “sente” lui. Dal punto di vista tattico ha un vantaggio: finora riesce a imporre il suo gioco e il suo ranking sta migliorando anche per questo. Bisognerà vedere se nell’ingresso in ATP riuscirà ancora a imporre oppure se sarà costretto troppe volte a difendere o cambiare ritmo e approccio tattico. Vedremo come reagirà, sono curioso anche io. Ha ancora tanto da imparare da questo punto di vista: non riuscirà sempre a dettare legge in campo. Lo abbiamo già visto che in certe occasioni, con giocatori più forti o più esperti, gli si complicano le cose e deve imparare a reagire a situazioni nuove in tempi rapidi. Ha un’ottima base ma c’è molto da sviluppare, senza dubbio.”
Il successo con Thiem in Coppa Davis.
“Si giocava in casa, col pubblico anche abbastanza caldo a suo favore, e Thiem non era in una forma pazzesca. Con questo non voglio sminuire la sua prestazione ma lo dico per amore di giustizia. Lui non ha avuto nessun timore reverenziale, anche per i motivi caratteriali spiegati sopra. Emil ha giocato un gran tennis, c’è da dirlo. Lui, prima del match con Thiem, ha giocato il doppio con Herni Kontinen, e il rischio era che poi scendesse l’adrenalina, visto che scendeva in campo pochi minuti dopo. Per questo la mattina ci avevo parlato, volevo scongiurare questo rischio, cioè che calasse l’intensità agonistica. La cosa ha funzionato ed entrando in campo a mille con un Thiem non in condizione super, per Ruusuvuori è stato un pelino più facile. Però è stato bravissimo Emil, perché comunque bastava scendere un po’ di intensità per perdere il match.”
Gli obiettivi prefissati a inizio anno.
“L’obiettivo era di fare tante esperienze. Aveva finito l’anno a 123, poi ha fatto finale a Bendigo ed è arrivato a 101. Con questo ranking serviva mettere partite ATP nel bagaglio di esperienza. La programmazione era giocare gli Slam, e fare tutti gli ATP in Europa e in America, e giocare qualche Challenger su terra per riprendere l’abitudine sul rosso. E poi a dopo la prima metà dell’anno vediamo lo stato dell’arte: se stesse facendo fatica o meno, e quale direzione prendere. I primi due mesi era andata bene, ora siamo fermi.”
Un parere di Federico Ricci su Jannik Sinner e gli altri Next Gen nel mondo.
“Ci sono tanti giovani forti. Il Canada ha tanti giocatori in rampa di lancio ma non è detto che diventeranno i più forti. Felix Auger Aliassime sicuramente impressionante anche come livello di maturità, Shapovalov ha un talento eccezionale. Bisognerà però vedere tra un paio d’anni se saranno davanti a Sinner, a Davidovich, a Ruusuvuori o Ymer, per quando non mi faccia impazzire il gioco dello svedese anche se è un ottimo competitor. Il brasiliano Seyboth Wild non so bene come abbia fatto a vincere un ATP, ma se l’ha fatto vuol dire che è cresciuto tanto. Emil l’anno scorso ha sconfitto Seyboth Wild sia a Maiorca dove ha vinto il torneo sia in Francia la settimana successiva: ha vinto 4 set di fila Ruusuvuori e non avrei mai pensato che Seiboth poi 4 mesi dopo avrebbe potuto vincere un ATP, onestamente. Ma questo dà l’indicazione di quanto il tennis cambi velocemente, e di quanto questi ragazzi rapidamente e improvvisamente possano crescere. Anche Emil ne è un esempio in fondo: l’anno scorso giocava i Futures e oggi è 120. Jannik Sinner è un giocatore impressionante, capace di esprimere una potenza tale da restare sbalorditi: è una persona bravissima e ha grandissima facilità di gioco. Mi piace come lavora, senza distrazioni, difficile trovargli un difetto.”
I giovani finlandesi: Otto Virtanen e Patrik Niklas Salminen.
“In generale con l’Accademia noi negli anni abbiamo lavorato abbastanza bene con dei giovani che ora continuano per i fatti loro. Niklas Saalminen, che io in Accademia seguivo con Emil, ha fatto semifinale a Wimbledon, è entrato nei primi 20 dei Junior, ora sembra si sia un po’ perso. Otto Virtanen anche è cresciuto in Accademia, ed è molto buono: fisicamente è potente e gioca, ma è ancora disordinato, non sa ancora dove e quando tira. Lo scorso anno Otto ha avuto molti problemi, diversi infortuni Poi avevamo due ragazze, Oona Orpana e Anastasia Kulikova, che era russa e ora è finlandese. Poi c’è Laura Hietaranta, che oggi ha 16 anni ma da Under 14 ha vinto parecchio. Diciamo che c’è qualcosa che si muove in Finlandia, almeno a livello giovanile: i passi grossi poi vanno fatti dopo, quando entri nel circuito PRO. Poiché ad Helsinki si allenano tutti nello stesso circolo, un posto che fa trattamenti di favore per i campi a giocatori di livello, spesso li vedo e organizzo sessioni di allenamento con questi ragazzi qua, anche se lo scorso anno ci siamo stati poco a casa con Emil. In questo periodo ci stiamo allenando con Laaksonen che è svizzero di passaporto ma finlandese di origine e che è qua ad Helsinki.”
Il passaggio dai tornei junior a quelli pro e l’occhio clinico del coach/scout Federico Ricci.
“Il passaggio da Junior a Pro è sempre delicato e molto diverso da ragazzo a ragazzo. E’ soggettivo. Molto dipende dalla mentalità e dalla disciplina: c’è chi fa dei salti in avanti in tal senso a 16 anni e chi invece matura più tardi. E poi ci può essere bisogno di altro tempo per solidificare i progressi fatti da questo punto di vista. Nei Pro, rispetto ai Junior, tutti i punti sono importanti, non si regala niente, sul piano fisico c’è gente più formata, bisogna tirare qualche vincente in più, quindi ci sono aspetti tecnici e di disciplina/mentalità di cui tenere conto. Quando si diventa PRO bisogna trovare necessariamente quell’equilibrio tra divertimento, perché è un gioco il tennis, e una professionalità assoluta perché è lavoro: si è tennisti 24 ore al giorno e bisogna curare ogni aspetto che tenda verso la costruzione della propria identità di tennista. Da Junior può essere più sbilanciato verso il gioco/divertimento, e questo può essere anche giusto in ottica di crescita. Quindi le qualità che fanno emergono gli Juniores devono essere completate da altre qualità utili al professionista. Cosa guardo nei ragazzini? Dipende il tipo di sguardo che do. Ad esempio come scout della Nike posso individuare delle caratteristiche che invece mi interessano meno come allenatore. Magari c’è un ragazzino impostato non benissimo nel quale però riconosco delle qualità sia fisiche, sia di timing, sia caratteriali che mi fanno pensare che ci si possa lavorare. Ad esempio Emil Ruusuvuori fino a 16 anni non aveva un pessimo rovescio e un servizio mediocre. Ciò che mi faceva essere ottimista riguardo al suo miglioramento è che intravedevo degli aspetti positivi: impattava bene, si girava bene con le spalle, cioè aveva alcuni punti cardine che erano buoni. Quindi ci abbiamo lavorato tanto ma penso che adesso abbia uno delle migliori risposte di rovescio del circuito e il rovescio nello scambio è molto solido. Quindi da allenatore devi capire quali sono gli aspetti su cui tu puoi influire: esaltare delle qualità che puoi implementare e magari lavorare per minimizzare certi limiti. Poi c’è il discorso fondamentale di lavorare in sintonia col preparatore atletico, il cui operato deve essere monitorizzato e per certi aspetti guidato dal Coach. E il coach deve essere sensibile e attento ai consigli o suggerimenti del preparatore atletico stesso.”
Obiettivi personali di Federico Ricci da coach e il progetto a lungo termine con Ruusuvuori.
“Sicuramente con Emil stiamo facendo un buon lavoro e il progetto continua da tanti anni. I sogni ci sono a riguardo per quanto concerne i miei, Emil invece non sogna a lungo termine come detto, pensa di vincere il prossimo torneo. A me piacerebbe portarlo più in alto possibile, ma poi il mio sogno è il mio lavoro di far migliorare i miei giocatori. Se lo posso fare sotto i riflettori come ora ai massimi livelli ok, ma mi va bene anche farlo nel circolo locale. Certo il sogno del cassetto, dovendo scherzare e immaginando di farlo in un circolo locale, allora penso che sarebbe bello farlo a Malaga sotto il sole, finendo con una paella la giornata invece che con 10 centimetri di neve come c’è qua.”
Federico, ti ho visto allenare e mi piace la tua energia. Ti credo quando dici che saresti felice anche in un circolo locale e sono sicuro che faresti migliorare tutti, mettendoci lo stesso impegno. Ma ti vedo molto più utile ai massimi livelli, magari un giorno in Italia….
Alessandro Zijno