Yuones El Aynaoui, il grandissimo tennista marocchino ripercorre la sua carriera: “Oggi alleno Martineau e Cornut-Chauvinc, due francesi di cui sentirete parlare.”
Intervista di Luca Fiorino a Younes El Aynaoui , ex numero 14 ATP nel 2003, 5 titoli ATP in carriera e incredibili partite come quella agli Aus Open nel 2003 contro l’americano Roddick.
La quarantena a Parigi con moglie e figlio piccolo
“Sono a Parigi, abbiamo un giardino e quindi possiamo almeno stare un po’ all’aria aperta. Ho 4 figli, il più grande ha 23 anni e il più piccolo 4 anni che scappa qua e là.”
Rabat nel cuore
“In Marocco sono una figura popolare, sono di Rabat dove vivono ancora i miei genitori e mio fratello. Io lavoro qui in Francia dove collaboro con la Federazione Francese dopo 2 anni in Qatar. Vivo a Parigi e mi trovo benissimo, ma il mio cuore è comunque sempre a Rabat, dove oggi ci sono gli stessi problemi che tutto il mondo sta affrontando.”
I tornei Futures in Bahrein nel 2017 e in Turchia nel 2018 al seguito di qualche giovane.
“Ho vinto anche qualche partita, ho superato le quali ma è una sensazione strana. Ci sono stati momenti in cui mi sentivo anche fuori luogo, a togliere possibilità a qualche giocatore giovane che sta cercando la sua strada, mentre io ero lì per fare il coach. A me giocare a tennis continua a piacere, in Bahrein hanno insistito per farmi giocare, volevano darmi la Wild Card per il Main Draw, io l’ho accettata per le quali.”
I ragazzi francesi seguiti da Younes: Matteo Martineau e Antoine Cornut-Chauvinc
“Martineau ha vinto un Futures in Italia a settembre a Piombino e per me è stato il primo titolo vinto da Coach. Lo scorso anno ero con l’under 18 della Federazione Francese, ma da settembre lavoro con Martineau e Cornut-Chauvinc. C’è tanta concorrenza come sappiamo a livello professionistico, nulla è garantito, ma loro si impegnano molto e fanno sacrifici.”
La lingua italiana, le altre 5 lingue parlate e i ricordi giovanili nel nostro Paese
“Parlo francese perché in Marocco tutti parlano francese, spagnolo perché ho vissuto 10 anni a Barcellona, poi ovviamente arabo, inglese e italiano perché l’Italia mi è sempre piaciuta. Mi sono allenato anche a Torino da Piatti alle Pleiadi. In Italia si vive bene, la gente è appassionata per lo sport e per il tennis. Però non lo so scrivere bene. Anche la TV mi ha aiutato.”
Il lavoro nella federazione francese e l’organizzazione del Roland Garros
“Noi abbiamo il Centro Tecnico lì al Roland Garros, e il torneo è stato posticipato, vedremo cosa succederà. Qui i giocatori possono allenarsi bene, dormire all’interno della struttura, ci sono circa 50 ragazzi tra maschi e femmine dai 15 ai 23 anni. Siamo 20 Coach e ogni coach ha 2 o 3 ragazzi da seguire.”
L’idea in Francia di organizzare un circuito nazionale come in Spagna.
“Qui in Francia si sta facendo strada l’idea di giocare un torneo Nazionale per favorire i ragazzi francesi e non far perdere loro la forma e il ritmo gara.”
Il rapporto con gli italiani, le scarpe regalate a Santa Croce e le esperienze al Foro Italico
“Una volta ho portato Kafelnikov al terzo set a Roma, ma quello che ricordo bene è il torneo di Santa Croce. Ero uno Juniores e mi avevano regalato un paio di scarpe. Era uno dei miei primi viaggil prime volte che uscivo da Marocco e dopo sarei andato a Milano a giocare il Bonfiglio. Ero affascinato dal vostro Paese, da come si mangia e poi ho giocato molto in Italia. Ho giocato i tornei a squadre, esattamente come gli italiani e ho avuto tanti amici azzurri come Pescosolido, Massimo Cierro, Cancellotti, Santopadre, Sanguinetti, Nargiso, Volandri.”
Lavori umili in Florida da Bollettieri per emergere nel tennis e le tante difficoltà incontrate.
“Ho iniziato tardi rispetto ad altri, fino a 17 anni sono andato a scuola in Marocco. Nella mia famiglia era impensabile pensare ad una carriera professionistica nel tennis. Quando sono venuto in Italia per i tornei giovanili il mio livello era molto basso, rispetto agli altri. Ma volevo imparare, ero molto felice di essere presente anche se non vincevo le partite. Poi a 19 anni ho avuto l’opportunità di allenarmi di più e meglio, andando negli Stati Uniti e quindi aumentando il mio livello pian piano sono cresciuti. Ma per mantenermi economicamente dovevo anche lavorare, trovare il modo di guadagnare qualche soldo. La mattina lavoravo e il pomeriggio mi allenavo, questo per i primi tre mesi. Poi ho cercato di allenarmi di più sia mattina che pomeriggio e allora lavoravo la sera e il week end. Sono rimasto lì un anno, e per me era perfetto.”
Le problematiche maggiori nel Nord Africa per crescere
“Le strutture ci sono, ma non sono di facile accessibilità per tutti. In Marocco ci sono tanti giocatori che giocano molto bene a tennis. Ma c’è una tendenza per cui magari giocano e si impegnano fino a 16 anni, poi dopo finiscono per perdersi per mancanza di motivazioni profonde. Quando vedi un ragazzo che con tutte le sue forze vuole riuscire, beh quello può farcela: ce ne sono ovviamente anche in Marocco, ma essendo la situazione più complessa e più difficile, la motivazione deve essere davvero profondissima. Per diventare forte devi giocare e giocare, ma anche amare questo sport.”
Le differenze principali nel tennis negli ultimi 20-30 anni.
“Mi sembra che tra i tennisti ai miei anni c’era più comunicazione. Adesso ogni tennista ha il suo staff, e rimane nel suo microcosmo. E la tecnologia ovviamente aiuta questa tendenza, perché vedi molti ragazzi col loro cellulare in mano e da soli per molte ore quando aspettano le partite o gli allenamenti. Prima, io ho smesso nel 2005, la sera si provava a fare socialità, a mangiare insieme, oggi invece i ragazzi rimangono in camera con i loro tablet o i loro smartphone. Al massimo quando giocavo io un tennista aveva un coach, adesso ci sono staff molto ampi, alcuni tennisti hanno diverse persone nel loro clan.”
Considerazione sul tennis attuale e qualche statistica
“Oggi si tende a spaccare la palla, non vedo tanti cambi di ritmo. Oggi ho ricevuto delle statistiche dall’ITF: il 70% dei punti avviene per errore dell’avversario. Oggi c’è una tendenza a rivalutare il rovescio come colpo vincente, un po’ come in WTA. E questa tendenza porta a non girarsi più sul diritto per attaccare.”
Cosa pensi del futuro del tennis dopo Federer, Nadal e Djokovic? Menzione a Sinner
“C’è un buon futuro, dopo i 3 fenomeni. Pensa a Rublev, Shapovalov, Sinner, Aliassime. Oggi anche a livello Juniores i ragazzini hanno un team, c’è un professionismo esasperato: molti si fermeranno, ma qualcuno uscirà fuori alla grande. Il fatto è oggi si fa giocare un bambino di 7 o 8 anni per molte ore al giorno: certo che diventa forte. Ma poi a 19 anni il rischio è che si rompa le scatole e non si capisca se il bambino davvero voleva giocare o no a tennis. Il rischio è di creare una macchina perfetta per tirare palle senza però quella passione, quel cuore, quella voglia di soffrire. A volte il sogno del tennista campione è quello dei genitori, e non quello del ragazzo stesso. Io ho 4 figli eppure nessuno gioca a tennis, nonostante io giocassi con loro.”
Il figlio classe 2001 gioca nella squadra riserve dell’As Nancy Lorraine
“Uno di loro, dei miei figli, gioca a calcio: ha 18 anni e gioca nel Nancy Lorraine, in Francia. E’ ancora nella squadra riserve ma si allena bene, cresce bene, si impegna, fin da quando era bambino amava il calcio. Si capiva perché si allenava tutta la settimana, tornava la domenica a casa e voleva ancora giocare.”
Quale dei 5 titoli ATP ricordi con più piacere?
“Ho perso 12 volte in finale. Casablanca fu meraviglioso, avevo perso già una finale lì contro Perez Roldan, ma poi ho vinto finalmente battendo Canas. Io quando avevo il pubblico dalla mia parte mi caricavo.”
Con quale tennista ti trovavi meglio a giocare fra i più forti? Chi ti dava più fastidio?
“Contro quelli che giocavano con molto spin, come Muster, Bruguera: loro arrotavano molto, la palla arrivava alta e col mio diritto mi divertivo a spaccare la palla con traiettoria inside out (a uscire, anomalo NDR). Chi mi dava fastidio erano quelli che giocavano rapidi, come Kafelinikov, Rusedski, Agassi, Sampras. Con Agassi ho perso 6 volte, era ingiocabile quando stava bene.”
Cosa pensavi di Nadal all’epoca? Immaginavi potesse essere così dominante in futuro?
“Nadal è un grandissimo esempio, ho giocato con lui agli US Open nel 2003, e l’anno successivo lui ha vinto il Roland Garros, un giocatore unico, sicuramente svantaggiato da questa pandemia perché avrebbe rivinto Parigi anche quest’anno con buona probabilità.”
Un giudizio invece sul Federer di allora?
“Io l’ho incontrato che lui era 35 del mondo, e già aveva uno staff molto nutrito, nel suo box c’era tantissima gente, dai manager IMG e Nike ai Coach, preparatori e altri. Quello che faceva paura era la sua attitudine, come si muoveva in campo, questo sì che era impressionante più dei suoi colpi. Colpi che poi ha anche migliorato.”
Un parere su Ons Jabeur
“Lei ha vinto il Roland Garros Junior, quindi già a 17 anni giocava un livello di tennis molto forte. Per me era un po’ limitata dal fisico, aveva la mano, ma la parte atletica andava migliorata e lei l’ha fatta. Usa slice come Mauresmo e quest’anno aveva iniziato molto bene, prima della pandemia. Il fatto che Ons Jabeur si sia potuta esprimere come tennista professionista è un grande incoraggiamento e stimolo anche per tutte le donne arabe.”
Il rapporto fraterno con Arazi e Alami e la perdita in un incidente in scooter del figlio a Bali
“Con Karim Alami e Hicham Arazi siamo fratelli. In particolare con Karim siamo cresciuti insieme in Marocco, fin da giovanissimi giocavamo insieme e avremmo mille episodi da raccontare. Purtroppo il figlio di Karim Alami ha perso la vita in un tragico incidente in scooter a Bali, è stata una disgrazia pazzesca che ha segnato profondamente il mio caro amico. Ci siamo abbracciati forte.”
Aneddoto del peto puzzolente in campo a Wimbledon con Hicham Arazi
“Eravamo a Wimbledon, con Hicham, e giocavamo contro Woodforde/Woodbridge e a me scappò un peto puzzolentissimo, io non dissi nulla ma c’era una puzza terribile: Hicham si gira e mi fa “Younes cosa hai fatto!!!” E cominciamo a ridere tutto il tempo. Nessuno capiva cosa stesse succedendo, né l’arbitro né “i Woodies”, i nostri avversari. E continuammo così per diversi minuti.”
La partita con Volandri in Coppa Davis.
“Mi ricordo di quel match a Roma, ero però infortunato al tallone. Non ho potuto giocare al meglio e persi 3 set a zero. Volandri giocò bene. L’Italia ci sconfisse nettamente anche perchè mancavano sia Alami che Arazi. A Casablanca era andata molto meglio per me qualche tempo prima.”
Il rammarico della Coppa Davis col Marocco mai al completo.
“Purtroppo non siamo mai riusciti a giocare tutti noi tre insieme e in forma nello stesso periodo. Altrimenti ci saremmo potuti prendere maggiori soddisfazioni. Battei Corretja e Ferrero contro la Spagna, ma la Coppa Davis resta un mio rammarico.”
Pensieri sul nuovo format di Coppa Davis
“Adesso questo cambiamento, per il quale si fa tutto in una settimana nello stesso posto toglie un po’ di fascino. Era bello viaggiare 2 o 3 volte l’anno con la squadra, match 3 su 5, era un’altra cosa.”
Il ricordo della partita con Roddick agli AO 2003
“Io avevo 26 o 27 anni e dopo quella partita sono diventato famoso in tutto il mondo: anche se ho perso alla fine del match non ero troppo triste. Sul 19 pari del quinto set Roddick dà la sua racchetta ai raccattapalle, io faccio lo stesso. Appena rientriamo lui mi fa il break e perdo la partita. Sul 5-4 per me ho avuto il match point, forse la partita l’ho persa lì. Mi sarebbe piaciuto giocare la semifinale contro Schuettler, ma andò così.”
Alessandro Zijno
Peccato che si dopava…
Si è fatto qualche canna, a quanto sembra. Ok, è vietato ma non è che ti fa diventare un fuoriclasse.
Grazie comunque della risposta Matteo, sai che non me lo ricordavo sto fatto?