Massimo Dell’Acqua, ex numero 148 ATP: “La passione e i sogni ti danno l’energia per qualsiasi traguardo”
Massimo Dell’Acqua, ex numero 148 ATP intervistato da Alessandro Nizegorodcew per Sportface.it
Massimo, oggi maestro al Tennis Club Castiglionese, ci ha raccontato tutta la sua carriera: dal memorabile Foro Italico 2004 sino alle vittorie su Simon, Tsonga, Murray e Johannson, senza dimenticare le sfide con Rafa Nadal, Verdasco, Ljubicic e tante altre.
Dove ti trovi e come stai passando questo periodo?
“Mi trovo ad Arezzo, ed è una quarantena un po’ difficile perché non sappiamo quando finirà. Il lato buono della medaglia è che possiamo goderci la famiglia tutto il giorno, cosa che raramente capita.”
Inizi e carriera giovanile
“Ho iniziato relativamente tardi, intorno ai 9 anni, e mi sono innamorato di questo sport passeggiando per il mercato del mio paese. Vidi esposta una racchetta e mi piacque tantissimo questo attrezzo che non avevo mai visto: tornai a casa e con i miei risparmi tornai indietro per comprarla. Mi ricordo ancora: era una racchetta di legno con le corde bianche e blu e da lì cominciai a giocare, da solo, con il muro. Poi mi iscrissi ad una scuola tennis, nel mio paese che è Rovellasca (in provincia di Como NDR), prima di andare a Saronno e cominciare la mia avventura agonistica. Nessuno giocava a tennis, mio padre è stato un buon calciatore di serie b. A livello giovanile, almeno da Under 12, giocavo bene ma ero nella media, anche perché giocavo 3 volte a settimane e andavo a scuola: ciò che mi contraddistingueva era la grande passione. Prendevo qualche batosta ma non demordevo. Ai miei tempi c’erano pochi tornei importanti che possiamo dire fossero Napoli, Rovereto, Porto San Giorgio e la Lambertenghi. Io nei primi due uscii subito, mentre magicamente a Porto San Giorgio vinsi il torneo. Quindi il percorso si modificò improvvisamente: vinsi anche la Lambertenghi con grande sorpresa un po’ di tutti, mia ma anche degli addetti ai lavori. La spiegazione che mi do adesso a 40 anni è che la grande passione porta a fare cose incredibili: ti garantisco che tecnicamente non ero un granchè perché in pratica ero quasi un autodidatta, fisicamente ero piccolino, questo per spiegare quanto conta l’energia che ti regala la passione quando è una cosa tua, che hai dentro. Così sono entrato a far parte di quella rosa degli osservati della Federazione, sono stato chiamato al Centro Tecnico di Cesenatico dove sono rimasto 2 o 3 anni e ho cominciato a giocare anche i tornei internazionali. Quando ero Under 18 sono stato intorno alla posizione numero 30 ITF, per poi cominciare l’attività da professionista.”
Stile di gioco.
“Ero un giocatore moderno, che faceva del servizio una arma importante ed ero abbastanza completo. Forse potrei somigliare a Berrettini come caratteristiche. Spingevo molto di diritto e avevo qualche lacuna nel rovescio, che però poi col tempo ho colmato. Avevo il rovescio a una mano e lo usavo spesso in back. Mi sentivo a mio agio nei pressi della rete. I campi veloci in teoria avrebbero dovuto essere le mie superfici ideali, ma a ripercorrere la mia carriera ho ottenuto i migliori risultati sulla terra battuta. Una incongruenza da spiegare con qualche difficoltà a livello psicologico che oggi spiego così: maggiore velocità di gioco a volte mi portava ad avere maggiore tensione e quindi aumentare errori gratuiti.”
Nel 99 al Futures di Torino affronti Nalbandian, che ti batte e vince il suo primo titolo a 17 anni.
“Non se ne parlava di Nalbandian, ricordo di questo ragazzino che aveva un anticipo pazzesco. Uno di quei giocatori che quando giochi dici: “ora come faccio?”. Se servivi forte ti rispondeva, da fondo campo aveva un timing incredibile, ti rubava il tempo in continuazione, dovevi giocare profondo sennò il punto lo perdevi. Persi in due set e mi fece una grande impressione.”
Nel 2001 hai affrontato altri giocatori che poi sono diventati fortissimi, hai battuto Gilles Muller, hai giocato con Mathieu Wawrinka, Verdasco.
“Chi mi impressionò davvero fu Verdasco. Lo incontrai al Challenger di Napoli, dove lui faceva tantissimi doppi falli ma da fondo campo ti lasciava fermo: quando decideva di accelerare erano guai. Un altro che mi sembrava davvero forte fu Murray: il rovescio era formidabile, ci giocai in un Challenger inglese e mi ricordo che non gli potevi giocare sulla parte del rovescio. Ci vinsi e poi battei anche Vliegen , prima di perdere con Joachim Johansson che era uno dal gioco simile al mio che poi l’anno successivo divenne numero 8 al mondo e anche lui si capiva che sarebbe arrivato.”
Il 2003 è l’anno che ti lancia. Superi le quali a Copenaghen, hai battuto Mahut sull’erba quando hai vinto il Challenger a Bristol. E hai giocato anche con Rafa. I tuoi ricordi.
“A Copenaghen ricordo che ho vinto tutte e tre le partite di qualificazioni 7-6 al terzo. Arrivai a giocare così con Rosset che in quel momento era tra i più forti al mondo e mi diede molta emozione giocare sul centrale pieno contro un tennista così forte. Edoardo Infantino, dopo che avevo perso, mi lasciò un bigliettino sotto la porta per dirmi che voleva incontrarmi la mattina dopo per parlarmi. Lui a quel tempo allenava Pless e mi stava proponendo di andare da lui ad allenarmi. Purtroppo io non lo feci. Poi mi ricordo di Rafa: eravamo a Segovia e tutti mi davano vincente, dicevano che insomma lui era un ragazzino, io più esperto e in condizioni più adatte a me, in altura ma…persi e ciò che mi colpì, più che i colpi, erano l’energia e l’intensità allucinanti che metteva su ogni palla. A New York persi in quali con Galimberti, e lì mi giocò un brutto scherzo il fatto che la partita fosse un derby: giocare contro un altro italiano, in quel momento, era qualcosa che mi dava noia: la cosa mi riempiva i pensieri, e quando pensi come sai il tuo gioco può risentirne. Merito anche di Giorgio che poi ha fatto un grandissimo torneo.”
Avevi le qualità per arrivare nei 100. Cosa ti è mancato e quando secondo te? E cosa riporti di questo aspetto nel tuo ruolo di insegnante?
“Negli anni forse non ho messi i tasselli giusti per costruirmi poi le basi di una carriera migliore. Ciò che io cerco di trasmettere ai miei ragazzi è che con il sacrificio, con la voglia, con il saper sognare e il perseverare si può arrivare molto lontano. Non è semplice ma la passione va tenuta accesa sempre. Ci sono tanti momenti di frustrazione nei quali è più “facile” mollare che andare avanti. Però in quei momenti se tu sei guidato bene e hai le persone giuste accanto che ti dimostrano di credere in te, allora quei momenti diventano una occasione di crescita e puoi mettere uno di quei tasselli di cui parlavo prima.”
Veniamo al 2004, ti qualifichi a Dubai battendo Seppi. Entry a Barcellona e poi arriva Roma. Raccontami il 2004 fino a Roma.
“Anno difficile a livello personale, avevo girato vari luoghi di allenamento. Ricordo la partita di primo turno a Dubai contro Ivan Ljubicic: sul 4-4 al terzo cominciai a “pensare” che avrei dovuto breackarlo, ho cominciato ad irrigidirmi e mi sono autosabotato inconsciamente finendo col perdere il match. A Barcellona ho battuto nel primo match di quali Marcel Granollers in un match pazzesco: stavo perdendo facile 6-1 5-0 quando…lui comincia a fermarsi per i crampi. Rientra dopo 2 minuti ma non camminava più e finisco per portarla a casa.”
A Roma superi le quali battendo Hanescu e poi Koubek.
“Sono arrivato al Foro con una forte insicurezza: sentivo che il servizio non funzionava, era un periodo di scelte tattiche sbagliate, il diritto sembrava dimenticato ma entro in campo con Hanescu, che era numero 1 delle quali, e sento il pubblico trascinarmi come il tifo italiano sa fare. Questa energia stavolta riesce a non farmi pensare e a trasportarmi in una sfera positiva. E comincio a colpire la palla come mi viene. Vinco così il primo match con Hanescu, sorprendendo per primo me stesso, e quindi giocai con Koubek vincendo al terzo con maggiore consapevolezza.”
Poi arriva il match con Massu.
“Mi ricordo l’entrata sul Pietrangeli, nel corridoio tutte le foto dei campioni che nel corso della storia avevano vinto il torneo. Ero molto emozionato ma i primi game sono riuscito a tenergli testa, e pian piano nel corso del match ho capito che potevo giocarmela e ho cominciato a caricarmi. Massu era un giocatore che ti faceva giocare. Vinco il primo set al tie break in un clima bellissimo col pubblico caldo ad applaudirmi. Nel secondo set ho giocato punto a punto, ho avuto palle break, ma la verità è che alla fine ho avuto paura. In quell’anno avrei potuto comunque fare il salto nei 100, ma come dicevo prima probabilmente mancavano dei tasselli, almeno per rimanerci nella top 100 ATP.”
La seconda parte della carriera.
“Non ero convintissimo di poter tornare a certi livelli, una volta persa la classifica: dal 2005 in poi ho avuto alti e bassi, pur avendo qualche buon risultato: ho sconfitto Mantilla, Simon, ho battuto Fabio Fognini. Chi ha le mie caratteristiche, con un ottimo servizio e dei colpi che possono far male, certamente ha nelle proprie corde la possibilità di tirar fuori ogni tanto qualche buon risultato e prestazioni super. Però li devi protrarre nel tempo questi risultati, se vuoi costruirti una classifica. Si deve ambire alla continuità di risultati.”
Ti viene in mente qualche cosa strana o qualche aneddoto particolare durante la tua carriera?
“C’era un satellite in Trentino dove presi il default dall’arbitro, perché me la presi con lui in quanto secondo me stava sbagliando troppo e uscii un po’ di senno. Ero abbastanza focoso. Qualche volta mi strappavo la maglietta quando giocavo.”
Cosa stai facendo oggi?
“Lavoro in una scuola tennis, a Castiglion Fiorentino nel TC Castiglionese, con un gruppo di Maestri validissimo, a partire da Nicola Valenti, Letizia Zavagli, Valerio Ballerini, Marco Stancati, Silvia Russo. La psicologa è Maya Bacci, preparatore fisico PF2 è Massimiliano Lombardi, osteopata Paolo Pazzaglia. Nello staff c’è anche Francesca Vannucchi nel sostegno delle lezioni del doposcuola. Siamo un gruppo di persone affiatate e con tanta voglia di fare. E’ una scuola che sta crescendo, abbiamo tanti giovani che sono validi e si stanno distinguendo a livello regionale e cominciano anche ad avere una classifica interessante. Quindi il progetto è crescere sia come circolo sia come agonistica e quindi far migliorare i giovani. Abbiamo energia ed entusiasmo e speriamo di tornare il più presto possibile in campo, che finisca questo periodo difficile e storico, per poter sognare noi e i nostri ragazzi.”
Alessandro Zijno