Francesco Vilardo, i sogni non hanno scadenza
Francesco Vilardo ha 30 anni, attualmente è numero 769 della classifica mondiale e da anni si allena all’Accademia di Laura Golarsa a Milano. Ha un best ranking datato 2018 al numero 455 ATP.
Francesco Vilardo intervistato da Luca Fiorino, ci parla dei suoi allenatori, di una carriera dura fatta di sacrifici e ancora in pieno svolgimento, dei sogni e della passione che la impreziosiscono.
Ho visto diverse volte Francesco, la prima volta all’ Ata Battisti Trento nel 2016, aveva vinto un bel primo turno contro uno svizzero, poi perse una partita allucinante contro un altro svizzero Boehler, che fece finale mi pare e in cui fu sfortunato perché se non ricordo male si fece male nel secondo set dopo aver dominato il primo. Ero l’unico spettatore di quella partita pensate, avevo una sedia e stavo lì a studiare perché all’epoca dovevo ancora mettere a frutto come allenatore ciò che avevo appreso sui libri e nella mia personale esperienza di campo. Poi lo vidi a Basiglio la settimana successiva e mi piacque molto, sconfisse Fallert che non è male e perse ai quarti con Grenier, il francese col papà sempre al seguito che sul veloce si difende benissimo e infatti è salito molto da allora. Poi settimana ancora successiva a Sondrio, anche lì torneo meraviglioso anche se fece solo secondo turno perchè mi ricordo che rispondeva alle bordate del tedesco Tobias SIMON che è un bombardiere pazzesco e lo mise molto in difficoltà anche variandogli il gioco. Poi perse 7-6 al terzo giocando benissimo con il francese Jacq, di cui si sono perse le tracce ma a quei tempi andava fortissimo e di cui mi hanno sempre colpito le orecchie a sventola e una fluidità pazzesca. Se mi legge si incazza per le orecchie a sventola perché è permaloso. Un anno con Jacq abbiamo condiviso lo stesso bed and breakfast a San Benedetto del Tronto, si lamentava in continuazione, uno “rompi” tremendo anche se è un bravo ragazzo. Ero convinto a quell’epoca che Vilardo sarebbe cresciuto tanto ma quando lo rividi nei Challenger, mi pare Mestre e Recanati e forse pure Perugia, non riuscì ad esprimersi a quel livello. E’ ancora molto giovane, 30 anni sono i migliori, per me può farcela. (Alessandro Zijno)
Dove sei e cosa fai in questi giorni
“Sono nel mio domicilio milanese, non si può fare più di tanto: ho un programma atletico che mi ha fornito il mio preparatore e avendo un appartamento piccolo devo fare di necessità virtù. Gli spazi sono quelli che sono ma si prova a fare tutto.”
Hai parlato di questo periodo come di una occasione di crescita personale
“Ti dirò di più, tornando da Sharm (ero lì quando hanno cominciato a chiudere tutto) sapevo che sarei rimasto in quarantena. E ho deciso di fare di questo periodo un momento di opportunità per informarmi, leggere e persino per scrivere qualcosina. Quindi a fianco dell’oretta e mezza di allenamento c’è la possibilità di utilizzare il resto della giornata per migliorare la conoscenza di un sacco di cose.”
Ci puoi raccontare il tuo percorso tennistico?
“Io ho iniziato grazie a mio padre che s dilettava con gli amici e fin da piccolo lo seguivo quando andava a giocare. Poi a 7 anni ho cominciato la SAT, la scuola tennis. Fino a 14 anni lo facevo post scuola, un paio di volte a settimana e lo alternavo col calcio, perché facevo anche quello altre 2 volte a settimana. Ero bravino anche a calcio, però scelsi il tennis dopo i 14 anni perché mi piaceva di più. Così fui costretto a lasciare casa, andando a vivere a Bari: era il primo anno dell’Accademia di Bari che cominciava proprio quell’anno. Cambiai tutto ovviamente andando a vivere lì, cambiando amici, scuola, e affrontando la sfida di una vita quotidiana lontano dalla famiglia.”
In questo percorso sei stato seguito anche da Laura Golarsa
“Dopo Bari sono tornato in Calabria un paio di anni, poi sono stato a Roma 5 anni e mi allenavo con Fabrizio Falciani (Nella Pistolesi Forum Academy al cui interno collaboravano i coach Michele Tellini e Fabrizio Falciani NDR) . Nel gruppo a Roma c’era anche Riccardo Ghedin. Laura è arrivata dopo: avendo la fidanzata di allora a Milano ed essendo amico di Alessandro Bega chiedevo a Laura Golarsa di potermi allenare nella sua Accademia quando mi trovavo là. Per cui quando Falcioni si trasferì negli States fu naturale trasferirmi proprio a Milano e lavorare con Laura, con la quale sono rimasto fino ai giorni nostri.”
L’anno scorso sei salito alla ribalta per la tua veste da “sindacalista” del circuito ITF, rappresentando le esigenze e le voci dei tennisti che giocano principalmente i Futures: quali erano le falle del sistema dello scorso anno che aveva portato degli sconvolgimenti che non vi erano piaciuti?
“Sì, mi sono dato molto da fare perché ritenevamo che ci fossero delle ingiustizie o iniquità. Il problema maggiore era questa discrepanza tra punti ATP e punti ITF, cioè i tornei ITF non davano punti per i tornei maggiori in pratica. E io avevo fatto un calcolo: un tennista che cominciasse da zero per poter arrivare a giocare un Challenger doveva essere tra i primi 20 della classifica ITF! Immagina un giovane che difficoltà poteva incontrare! Per essere tra i primi 20 ITF avrebbe dovuto totalizzare circa 750 punti nei Futures, che equivaleva a vincere più o meno 7 Tornei FUTURES. Tutto questo solo per guadagnarti la chance di giocare qualche Challenger, perché poi i punti scadono e dovevi ricominciare da capo. Era diventato davvero impossibile scavallare il livello Futures. Non era nemmeno vero che questa soluzione avrebbe permesso di vivere meglio economicamente ai tennisti, anzi. Durò pochi mesi ma purtroppo diede una mazzata alle motivazioni di tanti ragazzi, me per primo. Non sono stato il solo a protestare, c’è stato tutto un movimento di giocatori, il che ha permesso di cambiare un po’ le cose. Abbiamo anche ricevuto l’appoggio di Toni Nadal: lui definì disastro questa riforma, e mi spiegò che moltissimi ragazzi anche della sua Accademia non riuscivano nemmeno ad entrare nei tabelloni Futures perché la riforma prevedeva una diminuzione dei partecipanti alle quali. Insomma per un giovane era davvero quasi impossibile andare in giro a giocare. Tra l’altro non siamo riusciti a trovare un rapporto con l’ITF che ha fatto muro, non ascoltava nemmeno le nostre voci. C’ anche tanta confusione per la continua lotta tra le due sigle ITF e ATP, il che provoca scompensi per tutto il mondo tennistico, a scapito moltissimo dei giocatori. Il fatto tra l’altro di non avere un Player Council ITF, per come la vedo io, vuol dire che loro vogliono governare senza avere al tavolo un rappresentante dei giocatori, il che onestamente in ottica miglioramento e trasparenza è inaccettabile. Tra i tennisti più in alto in classifica, ricordo Bedene, Tispaveric, o Stackhovsky, Pospisil e coach come Mouratouglou, Norman, Ljubicic.”
Best ranking 455 ATP del 2018 quando hai vinto 2 titoli, analizziamo la tua carriera ricordando i due tornei vittoriosi
“Il primo in Israele mi ha dato delle emozioni forti, fortissime, erano anni che giocavo Futures non avevo mai vinto un titolo: lo desideravo forte per me e per chi mi è sempre stato vicino e quel primo successo in Israele ha davvero avuto un significato importante. A Minsk, qualche settimana dopo, è stato il successo della conferma, cioè la dimostrazione che quel successo non era arrivato per caso ma attraverso un percorso di crescita. Un aneddoto di Minsk: con me c’era Giorgio Ricca e nei quarti giocavo contro un tennista turco ed ero sotto di un set e 2-5 al secondo 30-0. Insomma il mio avversario era a due punti dal match e io ero molto lontano dalla vittoria; mi rivolgo a Giorgio Ricca che era in tribuna e gli chiedo di guardarmi se c’era un volo per tornare a casa per l’indomani. Tuttavia vinco quel punto. Vado a prendere l’asciugamano e Giorgio mi dice che ha trovato un buon volo. Ma vinco anche il punto successivo. E poi quello ancora dopo e così via fino a vincere il match e trovarmi in semifinale. Incredibile ma vero.”
Attraverso il circuito Futures hai avuto modo di affrontare alcuni tennisti in rampa di lancio. L’ungherese Piros, e anche Ruusuvuori. Chi ti ha colpito di più dei giovani incontrati?
“Nettamente Ruusuvuori, ci giocai a Piombino in semifinale. Era molto solido, era quasi impossibile prendergli campo per me, insomma si vedeva che era impostato molto bene. E’ allenato dall’italiano Ricci. Ho visto giocare anche il danese Rune e secondo me ha delle potenzialità.”
Hai avuto modo di girare il mondo, quali le migliori o le peggiori location?
“Di viaggi ce ne sono stati infiniti. Forse il posto peggiore è stato in India agli inizi della mia carriera Futures nel 2012. C’erano 3 campi in cemento in mezzo al nulla. L’hotel ufficiale costava tipo 4 euro la singola, ed era una roba indecente. Meglio sicuramente ad esempio in Ruanda e Burundi nel 2011, che pur essendo in Africa Centrale erano un tantino migliori, ed eravamo diversi italiani: lì restai colpito dalla famosa atmosfera africana, la gente era allegra, e ricordo una curiosità, i raccattapalle scalzi sui campi in terra battuta sempre col sorriso. Il tennis ti aiuta tanto, è la università della vita, parlo due lingue come inglese e spagnolo e ti mette di fronte a situazioni che ti formano dal punto di vista umano e ne godrai tutta la vita. Senza poi contare l’aspetto delle conoscenze e delle amicizie: ora quasi ovunque vada posso contare su degli amici, ho dei contatti quasi dappertutto. Come location bella il Sudafrica è spettacolare: mi ha dato così tanto che mi sono tatuato l’Africa su una spalla.”
Argomento spesso oggetto di dibattito è quello delle scommesse. Secondo te come si potrebbe prevenire questa piaga.
“Secondo me già di base poter scommettere certe cifre su un evento il cui prize money è inferiore a quelle cifre stesse, di per sé è un controsenso o un paradosso. Si potrebbero impedire delle scommesse su determinati tornei. Però dietro c’è un business che però “stranamente” a noi giocatori, i protagonisti, non tocca, cioè non ne prendiamo benefici. In seconda istanza si potrebbero aumentare i prize money dei tornei in modo da rendere meno vantaggioso per il giocatore aggiustare un risultato. Senza voler giustificare nessuno, alcuni tennisti sono in condizioni economiche complicate, e se potessero avere più margini di guadagno e finanziarsi l’attività credo che non cadrebbero mai in tentazione.”
Quale può essere un modo per finanziarsi l’attività internazionale oltre i prize money?
“Io ad esempio gioco tre tornei a squadre, in Italia, in Svizzera e in Spagna. Senza, non potrei assolutamente pagarmi l’attività. Un giocatore della mia classifica può prendere tra 800 euro a 1500 a partita nei tornei a squadre. Ma alla fine di guadagno non ce n’è, i soldi li spendi tutti per mantenerti, viaggi, allenatore, hotel.”
Come ti adoperi per la programmazione?
“Mi piace il cemento, per cui cerco di organizzare diverse settimane di fila nello stesso posto come può essere Sharm o Monastir. Si va 2 o 3 settimane e si vede cosa si riesce a raccogliere in termini di punti, poi si fanno 2 o 3 settimane di allenamento e si riparte. Studiamo la programmazione insieme agli allenatori dell’Accademia, sia tenendo conto del ranking al momento, sia della condizione psico-fisica.”
Tra i primi 100 e 200 al mondo che budget devo mettere a disposizione?
“Ci sono differenze sostanziali di scelte tra un tennista che è vicino alla top 100 rispetto a chi sta più indietro nel ranking: di solito chi gira Challenger a quella classifica e gira con l’allenatore; chi è 500 del mondo prova a risparmiare quella spesa magari, a meno che non si vada in gruppo e si dividano le spese. Budget non posso essere preciso, però più o meno si aggira intorno ai 60/70mila euro se vuoi farlo economicamente, potrebbe anche essere di più.”
Che turno bisogna raggiungere ogni settimana nei Futures per sbarcare il lunario.
“Da parte non metti nulla, perché se anche vinci il torneo e vai sopra di 700 dollari, poi al torneo successivo se vai fuori subito li hai rispesi alla grande. Io faccio tutto in super economia, mi incordo le racchette da solo anche durante i tornei, scelgo l’albergo più a buon mercato, e lo faccio per pura passione e per raggiungere il limite massimo delle mie potenzialità. Il giorno che non avrò più motivazioni dirò basta.”
Come può un tennista ridurre le spese?
“Come ho anche detto, si può provare a risparmiare sulle incordature, sugli Hotel pur cercando un posto dove riposare decentemente. Sui viaggi si può risparmiare magari facendo due ore in più per uno scalo rispetto al volo diretto.”
Il tuo paese è Fuscaldo
“Fuscaldo si trova sulla costa tirrenica della Calabria di circa 8mila abitanti, fatto da gente comune, di provenienza in genere umile, che però ha un cuore grande. Il mio è un paese accogliente, i miei abitano in una parte del paese che è arroccato in collina con vista mozzafiato ed è un paesino medioevale che poi ha anche l’affaccio sul mare. Ci torno pochissimo però. Ho evitato di tornare in questo periodo particolare, proprio per evitare magari di infettare qualcuno se fossi infettato io stesso.”
Si parla del congelamento dei punti ATP
“Sì, è la soluzione più equa, visto che è impossibile difendere i punti. E’ più difficile capire poi alla ripresa quando si perderanno quei punti? Devono ancora trovare una soluzione da questo punto di vista.”
Ho contattato poi Francesco Vilardo per una riflessione sulla sua coach orma storica, Laura Golarsa. Ed ecco le sue parole: “Laura è una persona dal carattere molto forte e determinato. Di fatto ha costruito tanto da quando ha smesso di giocare, perciò è anche una imprenditrice di tutto rispetto. E’ una bravissima oratrice, per tanto quando ti spiega dei concetti che magari potrebbero apparire complessi, riesce a farteli capire con molta semplicità. E concetti da tramandare ne ha… Poi comunque in tutti questi anni è sempre stata molto disponibile e pronta a capire le difficoltà che un giocatore come me può trovarsi davanti (vedi problematiche economiche). Di fatto difficilmente avrei potuto continuare a giocare ad un certo livello senza avere una persona disponibile da questo punto di vista. Andando sul pratico ad esempio, lei mi è sempre venuta incontro avendo pazienza nel ricevere i pagamenti degli allenamenti. Ecco riguardo agli allenamenti devo dire che ultimamente si sta lavorando di più sui dettagli. Questo grazie anche all’altro Coach che mi segue, William Rota, anche lui molto preparato. William è solo qualche ano più grande di me, e questo fa sì che ci sia anche un rapporto un po’ diverso. E’ molto bravo, e anche molto schietto, che a mio parere è quello che serve per aiutare davvero qualcuno. Mi trovo molto bene con lui. Speriamo di riuscire a riprendere al più presto e di riuscire a fare qualcosina di più sul piano dei risultati. Sul domani, quando smetterò di giocare, invece ancora non saprei. Sicuramente quello che ho in mente di fare è il Coach, e provare a trasmettere tutto quello che ho imparato e che continuerò ad apprendere, ai giovani che verranno. Perciò non è escluso che se si dovessero verificare le condizioni e lei volesse, potrei anche dare una mano a Laura, ma quetso non possiamo ancora saperlo, dipenderà da come evolvono le situazioni. da tutti i punti di vista non mi pongo limiti ma per ora certo di restare focalizzato sul presente , anche se al momento non appare così roseo.”
Alessandro Zijno