Joao Souza ergastolo sportivo per accuse di match fixing: il verdetto di una giustizia quantomeno miope

Anti-Corruption Hearing Officer (AHO) Prof Richard H. McLaren, è lui l’uomo canadese che scrive la fine dei sogni sportivi di Joao Souza, ex numero 69 del mondo, brasiliano. Così come aveva fatto per Bracciali e per altri. Quando c’è lui a comandare le indagini e a scrivere le sentenze non c’è scampo: si potrebbe chiamare “il boia delle racchette”, volendo scriverci la sceneggiatura di un film. Ma purtroppo questa non è fiction, qui si parla della vita di un professionista, anzi di tanti professionisti, perché nella rete di McLaren ci sono finiti in parecchi. Compresi gli atleti russi visto che è stato proprio l’avvocato canadese ad incastrare la Russia sul doping di stato quando collaborava (e lo fa ancora) con la Wada, l’agenzia antidoping. Un tennista di cui ovviamente non rivelo il nome, un po’ scherzando un po’ no, mi ha detto che probabilmente McLaren ha un bidone della spazzatura al posto del cuore, parafrasando Buffon. Poi ha aggiunto che ha della segatura al posto della materia grigia, se si leggono le sue sentenze. Sul “bidone della spazzatura” concordo, sulla seconda affermazione no. Perché a mio parere c’è invece una linea chiara della TIU (TENNS INTGRITY UNIT) che cerca da una parte realmente di contrastare il match fixing, dall’altra però deve dare manifestazioni di sé, quindi ogni tanto “beccare” qualcuno anche a caso, pur di giustificare le forti spese che il tennis investe su di lei. In altre parole ogni tanto deve riuscire a incastrare qualcuno, con prove più o meno consistenti. E chi può farlo meglio di McLaren la cui fama come “inquisitore in ambito sportivo” lo rende inattaccabile? Perché questo è il punto focale: questo signore canadese, dall’aria apparentemente seria e pacata, appare invece come un fautore della caccia alle streghe. Chi sarà il prossimo?


In una città come Mogi Das Cruzes che respira pallacanestro e pallavolo, in un Paese come il Brasile in cui il calcio è una religione, un bambino di 9 anni decide di avventurarsi in sentieri precedentemente appena calpestati nella regione: il tennis professionistico. A quel tempo alcuni consideravano l’idea una follia, un salto nel buio; per lui, tuttavia, la possibilità significava un sogno, che sarebbe poi diventato una delle cose più importanti della sua vita, e che fa perfettamente.
Inizia così la storia di Joào Olavo de Souza, chiamato dagli amici “Jao” e nel mondo dello sport “Feijào”. L’atleta brasiliano ha trascorso il suo ultimo Natale con la sua famiglia presso l’appartamento di sua madre a Mogi das Cruzes. Da sempre legato allo sport in generale, il suo inizio nel tennis è stato nel 1998, quando, su invito di suo padre, Milton Soares de Souza Junior, Feijào è andato al Mogi das Cruzes Country Club per giocare a tennis, solo come hobby e senza immaginare ciò che lo sport avrebbe rappresentato nel proseguo della sua vita. L’interesse per lo sport è stato immediato, ma c’è stato un problema che divideva il suo cuore: l’amore per il basket. Fanatico delle partite NBA fino ad oggi, già all’epoca, Feijào giocava a basket. Dice che era un buon tiratore. Ancora senza la buona statura che ha oggi – 193 centimetri – la scelta tra i due sport, tennis e basket, era difficile. “Penso di aver preso una buona decisione sì. Ma chissà cosa sarei stato se avessi giocato a basket? Forse sarei nella NBA in questo momento”, ha scherzato Feijào.

Feijão

Momento d’oro
Ciò che non si può negare sono i risultati impressionanti che l’atleta brasiliano ha ottenuto nella sua carriera nel tennis, soprattutto nel 2015, stagione d’oro della sua corsa attraverso lo sport: in quel momento era il numero 1 in Brasile e il 69esimo posto nella classifica dell’Associazione dei Tennisti Professionisti (ATP) che elenca i migliori atleti del mondo della racchetta.
Prima di raggiungere tali obiettivi, che danno prestigio sia l’atleta che la sua famiglia, il percorso è stato lungo. Sua madre, Maria, che soffre quando vede suo figlio entrare in tribunale per l’udienza che lo condannerà a Londra, ha giocato un ruolo chiave all’inizio della sua carriera. E’ stata sua mamma in particolare, più di tutti a credere nella possibilità che Feijao riuscisse a sfondare nel tennis, e a dare al figliolo tutte le risorse disponibili per farcela e non è stato facile perché la famiglia non era ricca.
“I miei genitori hanno fatto qualsiasi cosa per aiutarmi, qualsiasi lavoro, notte e giorno, si sono privati di tantissime cose per me” rivela il giocatore e la mamma Maria gli fa eco: “I nostri soldi erano contati, per pagare le bollette facevamo sacrifici, a volte pensavamo di non farcela. Siamo sempre stati una famiglia di lavoro. Ricamavo, cucivo, facevo qualsiasi cosa per i miei amici, per pagare viaggi e soggiorni a Joao e poter scalare le classifiche, prima quelle brasiliane, poi quelle internazionali. Sono stati anni duri e allo stesso tempo meravigliosi così lui viaggiava. E ne è valsa davvero la pena. Se fossimo nati in una splendida culla, non avremmo dato così tanto valore.“, ha aggiunto. Queste storie hanno segnato la gioventù del campione brasiliano e sono servite come base per competere nei più grandi tornei di tennis del mondo.
Spartiacque
Da quei giorni di incertezza su quale strada prendere, con sua madre che deve lavorare notte e giorno per pagare le spese per le competizioni, molto è accaduto nella corsa di Feijao, fino a quando è arrivato il fatidico 2015: “L’anno migliore della mia vita”, come lui stesso sottolinea.
All’inizio di quell’anno, ha raggiunto la migliore classifica della sua storia, il numero 69 del mondo. Per ogni giocatore che ha lottato per affermarsi tra i primi 100 al mondo, raggiungere questo obiettivo è un risultato indimenticabile. E così è stato per Feijào, che ha vissuto momenti di estasi.
La Coppa Davis
Dopo tante sofferenze arriva un giorno speciale per Souza, entrando nella storia della Coppa Davis, evento internazionale di tennis maschile e maggiore competizione a squadre in questo sport. Nei quarti di finale della competizione, dopo 6 ore e 42 minuti di scambi durissimi Feijào e l’argentino Leonardo Mayer a Buenos Aires, Argentina, entrano nella galleria dei record della COPPA DAVIS come partecipanti alla partita più lunga della storia. L’esito fu frustrante per l’atleta mogiano, sconfitto nel tie-break dell’ultimo set 15–13. Per più di 16 anni Feijào ha battuto record, vincendo e perdendo, rappresentando il Brasile, Mogi das Cruzes e, soprattutto, orgoglioso di essere riuscito a diventare un professionista partendo da così basso.


La cattiva sorte
Il 24 Gennaio 2020 tuttavia, Feijào, come è sempre stato conosciuto al pubblico, è stato punito dalla Tennis Integrity Union (TIU) ed è stato bandito dalle competizioni professionali in modo permanente. Inoltre, gli è stato anche ordinato di pagare una multa per un importo di 200.000 USD. Il caso si è protratto per nove mesi. Il 6 aprile 2019, Feijào era stato sospeso preventivamente dalla TIU, sospettato di aver manipolato i risultati dei suoi match in singolare e doppio al challenger di Morelos in Messico. La punizione è simile a quella del collega brasiliano Diego Matos, un giocatore che è arrivato ad occupare la posizione numero 241 al mondo nel doppio, e che è stato bandito dal tennis e a pagare una multa di 125.000 dollari (che non ha ancora versato) per aver fatto parte di un sistema che prevedeva accordi sui match a vario livello. O almeno questa è stata l’accusa, confermata in tribunale.
Il 19 febbraio 2019  Feijao viene sconfitto nel suo debutto in singolare al Challenger di Morelos in Messico nel match contro l’ecuadoriano Roberto Quiroz, classificato 179o, 2 set a 0 (6/4 e 6/0), in soli 51 minuti di gioco – il secondo set è stato giocato in 17 minuti. Già prima della gara la quota di Quiroz era intorno al 1.30 cioè una quota molto bassa che non induceva certo gli scommettitori, e infatti il volume di scommesse fu nettamente sotto la media per un incontro di Challenger. (Il match è visibile qui https://livestream.com/accounts/5057055/events/8570523/player?width=640&height=360&enableInfoAndActivity=true&defaultDrawer=&autoPlay=true&mute=false)
Nello stesso torneo ha giocato nel doppio al fianco di Joao Menezes (campione panamericano anche per il Brasile nel 2019) ed è stato superato dai colombiani Santiago Giraldo e Daniel Elahi Galan, parziali di 7/6(1) e 6/3. Secondo un documento d’accusa del TIU nell’aprile dello scorso anno, Feijào avrebbe riferito al suo partner che non avrebbe fatto il massimo durante la partita. Durante il gioco, è stato ammonito dal giudice di sedia per l’atteggiamento antisportivo. Anche qui i flussi di denaro riguardo alle scommesse sono stati risibili.
La TIU ha anche chiarito che Joo Menezes ha collaborato con le indagini e ha consegnato il suo cellulare per le indagini non appena è stato avvicinato dagli agenti, nelle settimane successive al torneo di Morelos. Tuttavia, il tennista di Minas Gerais è stato escluso da qualsiasi partecipazione a un sistema di combine e non ha ricevuto alcun tipo di punizione.
Da allora, Feijào è stato fuori dai riflettori ed ha evitato di concedere interviste, in attesa del processo del suo caso. Negli ultimi mesi, tuttavia, il tennista ha nuovamente pubblicato video e foto di allenamento in un’accademia di tennis e ha continuato a immaginare una carriera come allenatore, secondo una dichiarazione data al giornale di Mogi das Cruzes, la sua città natale, la scorsa settimana.
Nelle ultime settimane, Feijào ha anche confermato la notizia della sua relazione con l’ex ballerina del gruppo, “It’s Tchan”, Sheila Mello.


L’avvocato di Feijao, Michel Assef Filho, si appallerà al CAS, ed ha negato qualsiasi coinvolgimento del tennista brasiliano nelle accuse. Oltretutto secondo l’avvocato, Joao Souza avrebbe collaborato alle indagini, diversamente da quanto dichiarato dalla Procura TIU: “Il comunicato della TIU è del tutto falso con accuse ridicole e infondate. Joao consegnò il suo cellulare e la password per accedervi, così come quella di Facebook. Abbiamo fornito tutti i particolari sui conti correnti, sulle carte di credito, ogni passaggio di soldi è stato documentato. Ci siamo fatti interrogare senza avvalerci di tutte quelle possibilità che avevamo di rifiutare un incontro con gli investigatori. Joao ha risposto a tutte le domande, senza reticenze, certo questo non è l’atteggiamento tipico di chi pratica corruzione. All’inizio non sapevamo nemmeno di cosa eravamo accusati. Come potevamo avere una strategia difensiva? E’ questo il modo di operare della TIU? E’ inquisizione pura e calpesta ogni forma di dignità umana. Il diritto di difesa in questo caso non è stato garantito, come la carta dei diritti dell’Uomo prevede. Quando siamo venuti a conoscenza delle accuse abbiamo dovuto fare un lavoro assurdo per risalire a quali gare e quali momenti delle stesse gare fossero incriminanti per Joao. Il non giocare col massimo impegno, quando si hanno problemi personali drammatici come aveva il mio assistito in quel periodo, è qualcosa che non può portare ad una condanna per corruzione. Il tennis è un lavoro e non è difficile intuire che quando la “testa” è presa da altri pensieri, il rendimento non sia eccezionale. Vale per i panettieri, per gli artisti, per gli avvocati, e ovviamente anche e soprattutto per un tennista che certo non può programmare la sua giornata lavorativa. Joao per la precisione, nel periodo incriminato, aveva grandissimi problemi personali dovuti alla separazione dalla figlia a causa di dissidi con la mamma della piccola. Tutto questo è provato sia da testimonianze sia da documenti. Abbiamo fornito ai giudici, che definirei inquisitori barbari, una prova certa: Feijao aveva già acquistato il biglietto di ritorno prima di conoscere il risultato dei propri incontri. Chi fosse in malafede non avrebbe lasciato prove del genere in giro. La verità è che il tennista voleva proprio andarsene dal torneo e tornare a casa, poi ha deciso di giocare cambiando idea ma ormai la concentrazione era andata. E ha giocato effettivamente male. Ok questa è una infrazione al regolamento, lo abbiamo ammesso, perché i tennisti sottoscrivono un documento in cui giurano di fare sempre il massimo per vincere la gara. Ma quanto tennisti mezzi infortunati vediamo che scendono in campo sperando che i dolori passino poi sopraffatti dal dolore abbandonano la gara perdendo il match? E’ esattamente quello che è successo a Feijao, solo che i suoi dolori erano psicologici. La punizione doveva essere molto più blanda, come prescrive il regolamento in questi casi di “non migliore sforzo”. Non si può condannare a vita un uomo senza prove certe. Questo modello di giustizia sportiva è disgustoso e vomitevole. Tra l’altro non vi è alcun fondamento sul discorso della multa di 200mila dollari: per applicare una multa devi aver ricevuto un guadagno dal tuo comportamento. Guadagno che non c’è, tutti i conti correnti sono stati controllati, e non v’è alcuna prova di passaggio sospetto di denaro da chicchessia. Zero. La verità è che il procuratore si è innamorato di una tesi, e per motivi a noi ignari si è accanito contro Joao. Sono già passati sotto la ghigliottina della TIU altri tennisti, l’italiano Bracciali ad esempio, e tutti sono stati condannati in barba a qualsiasi concetto di giustizia. E’ ora di fare qualcosa, basta andare per qualche motivo sfortunato sotto la scure della TIU e non c’è scampo né modo di difendersi. A questo punto sarebbe meno ipocrita non concedere agli accusati l’ausilio di un avvocato, perché non serve quasi a niente.”
Ciò che so, che è trapelato dalle carte già mesi fa, è che ci sono 2 problemi per la difesa di Joao, difeso, a mio parere, da professionisti non così preparati in materia o perlomeno poco agguerriti. Il primo problema consiste nelle testimonianze che vanno contro Joao. Il secondo nelle perizie tecniche sull’andamento delle quote di alcuni suoi match. Poi ci sono delle messaggerie tipo WhatsApp, bada bene TIPO WhatsApp. Tre fattori che in una società civile non potrebbero ad una condanna. Primo, i testimoni portati da Joao sono stati considerati meno probanti mentre semmai i suoi accusatori avevano come minimo grossi motivi per andargli contro e testimoniate il falso. Secondo, le perizie erano quantomeno fantasiose, e comunque non inoppugnabili, perché non c è dato certo su quello fornito dalle agenzie apposite che sono supine alla Tiu. È come se io dovessi fare una perizia sul mio circolo, quantomeno sono condizionato! terzo, la messaggeria incriminata è Weixin, in inglese wechat e al contrario di whatsapp è gestita da server cinesi che potrebbero essere stati contaminati (e non dal coronavirus)!!! Non v’è certezza di ciò che c’è scritto dentro.
P.S. Excusatio non petita, accusatio manifesta. L’avvocato Filho probabilmente si arrabbierà, perché ciò che troverete sotto non potrebbe certo essere una scusante per un comportamento eventualmente sanzionabile. Ma leggete quello che guadagna una tennista. Quella che vedete è la ricevuta REALE di un torneo, Grenoble, in cui ha giocato la tennista Katy Dunne. 2 euro e 29 centesimi di giadagno (lordi) e ha pagato a sue spese volo, soggiorno e coach accompagnatore…a voi il commento.

Katy Dunne a Grenoble
Alessandro Zijno