Filippo Baldi alla riscossa
Oggi ha ventitre anni, è milanese, Filippo Baldi nel 2012 vinceva la Coppa Davis giovanile insieme con Gialuigi Quinzi, regalandola per la prima volta nella storia all’Italia. Nel 2013 fa semifinale negli Australian Open Juniores e diventa il numero 5 al mondo nella sua categoria. Insomma, un tennista lanciato verso un professionismo di livello altissimo. Si parla, insieme a Quinzi, Donati e Napolitano dei quattro moschettieri che regaleranno un futuro radioso all’Italia che aspetta il nuovo Messia dai tempi di Panatta non accontentandosi di Fognini che comunque ora è ad un passo dalla top ten.
A Milano in occasione del Challenger dell’Aspria nel 2016 incontro il papà Leonardo, una persona intelligente, passionale e razionale allo stesso tempo che mi racconta dei sacrifici fatti per portare Filo a quel livello. Nessuna vacanza, viaggi interminabili in giro per i tornei ad orari improponibili, pasti fatti di sfuggita, insomma tutto quello che fanno tutti i genitori del mondo con un figlio agonista di alta performance di qualsiasi sport individuale. Sono passati due anni e mezzo da quel piacevole incontro e oggi mi trovo a fare il tifo più per papà Leonardo che sta affrontando un delicato e duro momento della propria vita che per Filippo che finalmente sta riuscendo a tirare fuori la testa dopo tante difficoltà. Sì, perché il passaggio da Junior a Pro è stato complicato. Capita spesso, non è facile entrare nel mondo dei grandi e trovare consapevolezza immediatamente di poterci stare: escluse eccezioni ci vogliono un paio di anni di gavetta, per Filo c’è voluto più tempo. Ogni storia è a sé, e nemmeno lui sa bene come mai ha impiegato tutto questo tempo. Ci sono stati momenti duri, quando da essere uno dei papabili top player mondiali è passato a subire eliminazioni ai primi turni dei Futures. In realtà l’approccio al mondo PRO non era stato malaccio: sull’onda dell’entusiasmo della Davis giovanile conquistata, e a soli 16 anni, era andato a fare un ITF Futures a Trieste facendo quarti di finale. Poi era andato a Merida in Messico sfiorando la qualificazione al main draw e facendo partita pari con Pouille, attualmente numero 31 ATP ma ex top ten e di un anno più grande di lui. Insomma nessuna pressione, del resto era lì per divertirsi e ci stava riuscendo. Anche la stagione successiva è buona, oltre ai risultati da Juniores arrivano anche due vittorie nel circuito professionistico contro Galovic, una semifinale a Biella e in Spagna battendo persino Jason Kubler, i complimenti e qualche sicurezza in più.
Tuttavia pian piano gli occhi di Filippo si intristiscono, e i due anni successivi, 2014 e 2015 regalano poche soddisfazioni. A Roma nel 2015 in un Challenger vidi giocare Filippo contro Giannessi (che era già allora un tennista formato) molto bloccato, nervoso, senza quella carica agonistica che avevo sempre apprezzato. E’ quel giorno che ebbi l’impressione di qualcosa che non andasse nella sua crescita professionale e nel suo avvicinamento al tennis professionistico. Il 2016 inizia in modo incoraggiante con diverse vittorie e mi reco a Basiglio per assistere al suo match contro il francese Grenier: di nuovo nervoso e preda di difficoltà emotive Filippo cede al terzo contro il francese che bisogna pur dirlo è ben adatto all’indoor. Filippo esce dal campo un po’ furioso un po’ rassegnato. Ha solo 20 anni ma adesso sente dentro una forte pressione: lui stesso vuole di più e il mondo tennistico, ipocrita e superficiale come molti universi italici, non lo aiuta. A San Carlo Canavese poco dopo perde con il portoghese Gonçalo Oliveira, un tennista tuttofare che gira con il suo papà Abilio in camper (o meglio girava perché da qualche anno va da solo ed è salito di livello). Il papà di Oliveira, parlando con me, ammette a fine match che ha fatto tutto Filippo, faceva e disfaceva, un vincente poi due unforced, una scelta azzeccata e due sbagliate. E di questo tipo di partite gliene ho viste fare tante a Filippo. Una prima svolta la notai nel 2016, era un piovoso novembre e vicino casa mia a Latina c’era un Futures che seguivo occupandomi del magazine quotidiano del torneo, organizzato dal circolo Il Capanno e diretto da coach Piero Melaranci, storico allenatore della promessa Giulio Zeppieri. In quell’occasione Filippo vinse il torneo di doppio in coppia con l’ottimo Peppe Fischetti, fece semi in singolare e gli rividi addosso la voglia di giocare, forse tornata anche per i mesi trascorsi nella capitale ad allenarsi. In realtà Filippo anche nei momenti più bui, anche quando era 800 del mondo e non riusciva a vincere molte partite si allenava 7 o 8 ore al giorno. Da lì Baldi ha trovato maggiore fiducia e poi ha fatto la scelta giusta nel 2017 di affidarsi alle cure di coach Aldi nell’Accademia di Cinà (ex coach di Roberta Vinci) a Palermo. Un ambiente positivo, la possibilità di allenarsi al massimo ma soprattutto una serenità finalmente conquistata gli permettono di vincere due Futures di fila in Tunisia e concludere positivamente la stagione finendo al best ranking intorno alla posizione 400 del ranking mondiale con addirittura la semifinale ad Andria nel Challenger indoor che tradizionalmente chiude l’anno dei Challenger.
Il resto è storia di oggi con il primo successo a livello Challenger nel 2018 ad Ismaning (indoor), qualificazione al Master 1000 del Foro battendo Fucsovics e Garcia Lopez, finale al Challenger di Andria. Le quali agli Aus Open 2019 giocate così così ma l’importante era esserci. I meriti dello staff di Cinà sono innegabili, per Baldi si aprono nuovi spiragli di carriera a più alto livello, le difficoltà non mancheranno ma ora pare avere gli strumenti emotivi giusti perché, diciamolo, la tecnica c’era anche prima. Io credo che il lavoro fatto da Baldi, come lui stesso ammette, sia stato per lo più indirizzato verso l’aspetto psicologico. Fuori dal campo è sempre stato professionale, dentro a volte perdeva la trebisonda. E’ lui a dichiarare a Sportface pochi mesi fa che “la grande differenza la fa l’aspetto mentale e ora mi sento più tranquillo e determinato allo stesso tempo. Sento di poter spingere la palla ma anche di giocare tutti i punti senza regalare nulla.” Cinà stesso lo ha più volte elogiato come in questa intervista apparsa sempre su Sportface: “Filippo mi ha impressionato per la dedizione che mette negli allenamenti, lavora in maniera strepitosa sia sotto il profilo fisico che sotto quello tennistico. Dà sempre il 100% e per me questo fa la differenza. Da un punto di vista fisico credo che Filippo sia già pronto per un tennis di vertice, ma ha grandi margini di miglioramento sia da un punto di vista tecnico che soprattutto mentale. Può e deve migliorare moltissimo il rovescio, così come possiamo crescere sul dritto e sul servizio ma non ho dubbi che possa riuscirci lavorando in questa maniera. Da un punto di vista mentale deve crescere per non farsi prendere dai due minuti di rabbia, però devo dire che riesce sempre a riprendersi immediatamente nel punto o nel game successivo perchè è un lottatore strepitoso. Francesco Aldi e il preparatore Paolo Mandelli seguono Filippo costantemente facendo un ottimo lavoro”.
Ora Filippo Baldi prepara la stagione dei Challenger con il best ranking in tasca al numero 167 ATP, migliorabilissimo fin da subito perché il primo scarto ce l’ha a fine Aprile con i 15 punti dei quarti di Francavilla. Primo torneo a Rennes (indoor Hard) e poi probabilmente Quimper (sempre indoor Hard). Non è utopia sognare la top 100 azzeccando due o tre settimane giuste nella prima metà della stagione. Tifo per Filippo e per papà Leonardo, entrambi lotteranno su ogni palla tutti i giorni per i propri obiettivi. Ciò che sogno è di vederli presto insieme, con anche la mamma e la sorella Martina che è un arbitro in rampa di lancio e di cui tutti parlano molto bene, a festeggiare un trionfo di Filippo e magari la conquista della fatidica top 100, che rappresenta una soglia psicologica ma anche “economica” fondamentale.
Forza Leonardo, Forza Filippo.
Alessandro Zijno