Noah Rubin, denaro e sangue per emergere
Noah Rubin: americano, 22 anni, 138 ATP
Sviluppo Potenziale: (70% del potenziale, sarà continua e lunga la sua crescita)
Noah Rubin è forse il meno reclamizzato della new age americana, in effetti è quello che ruba meno l’occhio ma come Sonego da noi è il luxury fighter statunitense. Sono convinto che avrà un futuro da top50 con molte incursioni tra i top 30, anche se forse al momento non è possibile ipotizzare molto di più. Uno di quei tennisti che il suo lo fa sempre.
La Scheda
Rapidissimo, dotato di buona mano e gran tempo sulla palla, Noah Rubin è alto 180 cm (è cresciuto fino a 2 anni fa in altezza) per circa 70 chili di tutti muscoli, perché si dice che abbia la massa magra più importante del circuito con un indice di BMI (la massa grassa corporea) del solo 4%. Destrimane con rovescio a due mani Noah si distingue per un servizio molto personale eppure assai produttivo perché tende spesso a portare fuori l’avversario. Lavora bene la seconda di servizio anche in kick. Ha un gioco aggressivo e tatticamente è davvero molto bravo, con scelte spesso lucide e azzeccate. E’ uno che vince parecchi tie-break. Forse non ha un colpo killer ma come nella tradizione americana fa del diritto un’arma importante anche se a me piace particolarmente in risposta dal lato del rovescio. Sa usare bene il back ma quando può accelera anche in top. Direi comunque che la sua caratteristica principale è la voglia di lottare su ogni palla, senza scene alla Connors ma con la stessa voglia irrefrenabile d vincere il punto. Il suo modello come egli stesso ha dichiarato è Ferrer sebbene sia piuttosto diverso come caratteristiche tecniche.
Le Dichiarazioni.
“L’unico limite per Noah Rubin è il cielo.” Questo disse sette anni fa il direttore della John McEnroe Tennis Academy , il mitico Lawrence Kleger, e lo stesso McEnroe scommise sul talento newyorkese, suo concittadino dicendo:”Noah è già da top 10 come cultura del lavoro”. Il buon Noah Rubin è un ragazzo di spirito e piuttosto intelligente e spesso è ironico e fine nelle dichiarazioni: “Non so come abbiano fatto i miei genitori ad essere così pazzi da investire così tanti soldi su di me (si parla in totale di più di 3 milioni di euro ndr) fin da piccolo. Il mio vero obiettivo è far star zitti tutti quelli che ironizzano sul mio fisico che arriva a malapena al metro e ottanta di altezza, vincendo il massimo e dando tutto ciò che ho da quando mi sveglio a quando vado a dormire per 365 giorni all’anno. Io sono americano, e sono anche ebreo (jewish), come tutta la mia famiglia: mi sento orgoglioso di rappresentare tutto il popolo ebraico e quando mi trovai ad affrontare il tennista israeliano Weintraub mia madre non sapeva per chi tifare. I tornei in cui mi sento più di casa ovviamente sono quelli sul cemento americano, ma mi piace l’erba avendo vinto Wimbledon juniores e penso di poter dire la mia anche sulla terra europea.”
La storia
Noah Rubin nasce a Long Island, New York, il 21 febbraio 1996 da papà Eric e mamma Melanie, ebrei praticanti e inseriti nella New York che conta. Eric Rubin è un alto dirigente di banca, attenzione perché questo non può essere un dettaglio. Non è un banchiere in senso stretto ma per varie banche controllate dalla lobby ebraica newyorkese, la più potente del mondo (non dimentichiamoci che una persona su 4 a New York è di origine ebraica), trovava investimenti e per un certo periodo si è occupato di quella che in gergo viene chiamata “Zedaqah”, parola che in ebraico significa letteralmente “giustizia” ma che riveste un significato diverso, cioè “prestito per aiutare”. In altre parole Eric si dava da fare per trovare imprenditori con idee chiare ma senza soldi, che avessero posizioni religiose e politiche contigue agli interessi delle lobbies ebraiche, e poi gli prestava i denari necessari per le loro imprese. Si fece così tanto valere nel suo lavoro che alcune banche (tra cui la Goldman Sachs) gli fornirono tutti gli strumenti economici per far crescere il figlio Rubin. Si parla di prestiti da 300mila dollari l’anno che Eric ripagava con il suo lavoro e con aiuti economici derivanti da donazioni private. Il percorso di Noah infatti è stato differente rispetto a quello di altri, e secondo me anche molto intelligente. All’inizio infatti all’alba di ogni santo giorno Eric portava il figliolo a giocare nei campi più disparati di New York, quelli che costavano meno per risparmiare, per replicare al tramonto. Costava tanto anche in termini di sacrificio ma sempre meno delle costose Academy americane. E poteva tenere sotto controllo il figlio invece che mandarlo a bivaccare a Boca Raton nel centro della USTA. Questo fino ai 14 anni di età del ragazzo. Quanto sia importante la provenienza israelita della famiglia Rubin si legge anche da questi particolari. “Damin” in ebraico indica denaro ed è il plurale della parola “Dam” che significa sangue. Eric e Melanie sapevano bene che senza fatica (sangue) e potere (soldi) non si raggiungono i risultati. E persino nella crisi matrimoniale tra marito e moglie che arriva quando Noah ha solo 11 anni i due ex coniugi mettono al centro la carriera (futura) del loro figliolo, curando con attenzione ogni dettaglio, dall’alimentazione agli allenamenti. Noah diventa sempre più forte fino a quando a 14 anni raggiunge la finale al prestigioso Les Petit As, a Tarbes. A quel punto si opta per ancora maggiori investimenti per Eric, mandandolo da John McEnroe sotto le cure di Lawrence Kleger. La capacità della comunità ebraica di essere così coesa e far sentire fratelli coloro che ne fanno parte sostiene ancora in qualche modo le possibilità economiche della famiglia Rubin: Noah conquista prima i quarti al Roland Garros Junior, poi vince Wimbledon Junior battendo Tiafoe, Fritz e Kozlov e da lì spicca definitivamente il volo fino ai giorni nostri. Finora ha vinto 4 Challenger e dopo 2 stagioni terminate intorno alla posizione numero 200 del mondo, ora sembra pronto per entrare nella top 100 e rimanerci per lungo tempo. Anche più del tempo necessario per ripagare i debiti. Nel corso della carriera per Rubin la famiglia ha speso circa 300mila dollari all’anno, per un totale di circa 3milioni di dollari. Se pensiamo che finora ne ha incassati circa 500mila $, manca ancora parecchio.
Alessandro Zijno