Papabili 2025, profili, geopolitica e strategie del prossimo conclave

Quando un Papa muore, la Chiesa entra in uno dei momenti più misteriosi e affascinanti della sua storia: il conclave. Porte chiuse, voti segreti, alleanze invisibili e strategie sottilissime. Ufficialmente, i cardinali pregano lo Spirito Santo per scegliere il nuovo Pontefice. Ma dietro le mura della Cappella Sistina si muovono dinamiche molto più terrene: geopolitica, equilibri di potere, rivalità interne. Quali sono le fazioni che si sfideranno? Chi ha davvero il controllo del conclave? E soprattutto: chi ha le migliori possibilità di diventare il nuovo Papa? Oggi analizzeremo tutto questo, senza filtri e con uno sguardo lucido su ciò che sta per accadere. Perché il prossimo conclave potrebbe cambiare il volto della Chiesa per decenni.”

Era il 2013. Il mondo usciva lentamente dalla grande crisi economica. Obama era al secondo mandato. Xi Jinping prendeva il potere in Cina. Donald Trump era solo un imprenditore, e la guerra in Ucraina sembrava impensabile.

In questi dodici anni, il volto del pianeta è cambiato. E anche la Chiesa.

Se la geopolitica è lo studio dei rapporti di forza tra gli Stati, la geopolitica della Chiesa Cattolica è lo studio di un potere trasversale. Radicato nei secoli. Universale per definizione.

I conclavi sono sempre stati anche uno scontro tra visioni del mondo.

Ma chi sono i cardinali che potrebbero succedere a Francesco?

Quali equilibri influenzano le decisioni in conclave?

Quali spinte arrivano dall’Africa, dall’Asia, dal mondo anglosassone?

E che peso hanno i cardinali italiani ed europei?

Proviamo a raccontarlo. In una prospettiva che mescola strategia, diplomazia e spiritualità.

Perché il prossimo conclave sarà forse il più incerto e importante degli ultimi decenni.

Nel Collegio Cardinalizio esistono diversi blocchi di potere, ciascuno con una visione specifica sulla direzione della Chiesa. Questi blocchi influenzano il conclave e la scelta del nuovo Papa. I principali sono:

 

  1. Progressisti (o Riformisti) – “Bergogliani”

Composto prevalentemente dai cardinali nominati da Papa Francesco.

Favoriscono una Chiesa più aperta, inclusiva e attenta ai temi sociali (immigrazione, povertà, ecologia).

Sostengono una decentralizzazione del potere, dando più autonomia alle Chiese locali.

Figure chiave:

Card. Matteo Zuppi (Italia) – Presidente della CEI, vicino alla Comunità di Sant’Egidio.

Card. Jean-Claude Hollerich (Lussemburgo) – Relatore del Sinodo sulla Sinodalità.

Card. Luis Antonio Tagle (Filippine) – Considerato un “erede spirituale” di Francesco, forte legame con l’Asia.

  1. Conservatori (o Tradizionalisti) – “Ratzingeriani” e “Restaurazionisti”

Vogliono un ritorno a una Chiesa più tradizionale, centralizzata e dottrinalmente rigida.

Criticano la gestione “pastorale” di Francesco e alcune aperture su temi come la benedizione delle coppie omosessuali o il ruolo delle donne.

Figure chiave: Card. Robert Sarah (Guinea) – Ex prefetto del Culto Divino, molto critico sulle riforme liturgiche.

Card. Gerhard Müller (Germania) – Ex prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede.

Card. Raymond Burke (USA) – Tra i più influenti tradizionalisti, critico verso Francesco.

  1. Centro (Moderati e Diplomatici) – “Curiali”

Rappresentano il gruppo più istituzionale e pragmatico, spesso con incarichi diplomatici nella Santa Sede.

Posizione intermedia tra riformisti e conservatori, puntano alla stabilità.

Figure chiave:

Card. Pietro Parolin (Italia) – Segretario di Stato Vaticano, grande esperienza diplomatica.

Card. Leonardo Sandri (Argentina) – Esperto di affari esteri e rapporti con le Chiese orientali.

Card. Marc Ouellet (Canada) – Ex prefetto dei Vescovi, moderato con posizioni concilianti.

  1. Latinoamericani e Globalisti

Sostengono una Chiesa più radicata nei Paesi in via di sviluppo, con attenzione alla giustizia sociale.

Vogliono rafforzare il ruolo delle comunità locali e ridurre l’eccessiva centralizzazione romana.

Figure chiave:

Era il Card. Cláudio Hummes (Brasile, deceduto) – Era vicino a Francesco e all’ala sociale della Chiesa.

Card. Odilo Scherer (Brasile) – Arcivescovo di San Paolo, possibile papabile.

Card. Pedro Barreto (Perù) – Difensore delle popolazioni indigene e dell’Amazzonia.

  1. Africani e Asiatici – “Chiese in crescita”

Vogliono una maggiore rappresentanza della Chiesa del Sud globale, dove il cattolicesimo cresce più rapidamente.

Hanno posizioni miste: alcuni sono conservatori sulla dottrina, altri più progressisti sulla giustizia sociale.

Figure chiave:

🎩 Peter Turkson: il Papa africano è possibile?

 

Peter Kodwo Appiah Turkson, 76 anni, ghanese, è da tempo tra i papabili “di lungo corso”. Creato cardinale da Giovanni Paolo II nel 2003, è stato presidente del Pontificio Consiglio per la Giustizia e la Pace e poi a capo del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, incarnando una visione della Chiesa profondamente impegnata sui temi della giustizia sociale, della povertà e dell’ambiente.

 

✅ Perché potrebbe diventare Papa:

Simbolo globale: La sua elezione rappresenterebbe un segnale forte di attenzione all’Africa e al Sud globale, dove la Chiesa cattolica è in crescita sia numerica sia vocazionale. Un Papa africano sarebbe uno spartiacque storico e una risposta concreta alla decolonizzazione del potere ecclesiale.

 

Voce dell’ecologia e della giustizia sociale: ha promosso un pensiero cattolico profondamente radicato nella dottrina sociale della Chiesa. È percepito come un “Papa verde”, capace di parlare ai giovani, ai movimenti e ai popoli.

 

Equilibrio tra dottrina e apertura: Mite nei toni, ma saldo nella dottrina, Turkson ha mostrato capacità di dialogo senza cadere nell’ambiguità. Ha una profonda cultura biblica e teologica, parla sei lingue e ha un profilo internazionale consolidato.

 

Unità razziale e simbolica: In un mondo segnato da tensioni etniche e razziali, un Papa nero rappresenterebbe un potente messaggio di unità, universale e anticoloniale, soprattutto per i fedeli in Africa e nelle Americhe.

 

❌ Perché potrebbe non diventarlo:

Gestione controversa in Vaticano: Durante la sua guida del Dicastero per lo Sviluppo Umano Integrale, si sono registrate tensioni interne, critiche sulla gestione del personale e malumori che hanno portato alla ristrutturazione del dicastero nel 2021, culminata con le sue dimissioni, poi rifiutate da Francesco ma interpretate come un ridimensionamento.

 

Età e visibilità: A 76 anni non è tra i più giovani e, sebbene noto, non ha più avuto un ruolo di primo piano negli ultimi due anni. Il suo nome ha perso visibilità nelle conversazioni curiali rispetto ad altri cardinali in ascesa.

 

Africano sì, ma non outsider: Per molti elettori, l’idea di un Papa africano potrebbe essere accattivante. Ma altri potrebbero preferire un profilo più giovane, o con radici in Africa ma più “romano” nel curriculum (come Fridolin Ambongo o Dieudonné Nzapalainga), ritenuti più manovrabili o più allineati al presente curiale.

 

Card. Wilfrid Napier (Sudafrica) – Forte voce africana nella Chiesa.

Card. John Onaiyekan (Nigeria) – Equilibrato, impegnato nel dialogo interreligioso.

Card. Fridolin Ambongo Besungu (Congo)- 65 anni, impegnato nei diritti umani contro il neocolonialismo europeo, contro la decadenza occidentale, in particolare si batte contro l’ipotesi di benedire le coppie gay…

Card. Charles Maung Bo (Myanmar) – Impegnato nella difesa dei diritti umani in Asia.

Conclusione

Il prossimo conclave sarà una battaglia tra questi blocchi. I progressisti cercheranno di continuare la linea di Francesco, i conservatori tenteranno di riportare la Chiesa su posizioni più rigide, mentre i moderati e i diplomatici proveranno a mediare. La Chiesa del Sud del mondo (America Latina, Africa e Asia) avrà un ruolo crescente nell’elezione del prossimo Papa.

Oggi il blocco con maggiore influenza è quello progressista-riformista (“bergogliano”), grazie al fatto che Papa Francesco ha nominato la maggioranza dei cardinali elettori (112 su 137). Questo gruppo è orientato a proseguire il suo cammino di riforme, puntando su una Chiesa più aperta, sociale e decentralizzata.

Ma Con 10 tornate di nomine Bergoglio in questi anni ha spinto tantissimo la Chiesa verso Oriente, fedele alla profezia di papa Giovanni Paolo II che ha definito il terzo millennio quello dell’Asia. Proprio in questo continente c’è quello che possiamo definire il baricentro dello sviluppo demografico ed economico del pianeta dove, però, la Chiesa conta per una percentuale bassissima, appena il 3% degli abitanti. E questa è stata la vera scommessa di Bergoglio».

 

 

Dunque, con la globalizzazione che è entrata a forza nella geopolitica della Chiesa, chi avrebbe più chances? «Abbiamo 137 cardinali elettori, di cui ben 24 dell’Asia. Un blocco di voti, per il quale sarà inevitabile nel prossimo conclave, una spinta molto forte proprio per un pontefice asiatico o africano, episcopati, questi, che non hanno mai avuto un Papa».

 

Tuttavia, ci sono alcuni fattori che possono influenzare l’elezione del prossimo Papa:

 

Fattore 1. La forza del blocco moderato-diplomatico (“Curiali”)

Pur non avendo un’agenda chiara di riforme o restaurazione, questo gruppo è fondamentale perché ha molta esperienza di governo nella Santa Sede.

Figure come Card. Pietro Parolin potrebbero emergere come candidati di compromesso.

Questo blocco può fare da “ago della bilancia” nel conclave.

Fattore 2. La resistenza del blocco conservatore-tradizionalista

Anche se minoritario, ha una grande influenza mediatica e il sostegno di movimenti cattolici più tradizionalisti, soprattutto negli Stati Uniti e in alcuni settori europei.

È improbabile che riesca a far eleggere un Papa esplicitamente restauratore, ma potrebbe bloccare candidati riformisti troppo radicali.

Personaggi come Card. Robert Sarah o Card. Raymond Burke sono molto seguiti, ma difficilmente eleggibili.

Fattore 3. Il crescente peso del blocco latinoamericano, africano e asiatico

La crescita del cattolicesimo nel Sud del mondo aumenta la possibilità che il prossimo Papa venga da queste regioni.

Card. Luis Antonio Tagle (Filippine) è uno dei candidati più forti in questo senso.

I cardinali africani tendono ad avere posizioni più conservatrici su temi dottrinali, quindi potrebbero appoggiare un Papa meno progressista su questioni morali ma più attento alla giustizia sociale.

La geopolitica influenzerà il conclave?

Sì, la geopolitica ha un impatto significativo sulle dinamiche del conclave e può influenzare la votazione e l’elezione del nuovo Papa in vari modi, soprattutto se consideriamo la crescente importanza delle regioni globali emergenti come l’Africa, l’Asia e l’America Latina. Ecco alcuni aspetti chiave in cui la geopolitica può giocare un ruolo:

 

  1. La crescente influenza dell’Africa

L’Africa è uno dei continenti dove il cattolicesimo sta crescendo più rapidamente, sia in termini di numero di fedeli che di cardinali. Papa Francesco ha dato molta attenzione a questo continente, ma la sua elezione potrebbe rispecchiare una presa di posizione più forte verso il Sud del mondo. La scelta di un Papa africano, come il Cardinale Onaiyekan o un altro cardinale, invierebbe un messaggio forte di inclusività e attenzione verso le sfide sociali ed economiche africane.

 

Possibile effetto geopolitico: Un Papa africano potrebbe rafforzare i legami con governi africani, ma anche con altre potenze globali come la Cina (che ha una crescente influenza economica in Africa). Questo potrebbe comportare un cambiamento nella politica estera vaticana, più orientata verso la cooperazione con i paesi del Sud del mondo.

  1. Il ruolo dell’America Latina

L’America Latina è storicamente un “bastione” del cattolicesimo, con pesi politicamente significativi come il Brasile, l’Argentina (di Francesco) e il Messico. Un Papa latinoamericanocontinuerebbe a consolidare l’influenza di questa regione nella Chiesa.

 

Possibile effetto geopolitico: Un Papa latinoamericano potrebbe avere un legame più stretto con i governi dell’America Latina, che spesso vedono il Vaticano come un interlocutore per le questioni sociali e ambientali. Potrebbe anche proseguire un dialogo politico con potenze come gli USA e la Cina, che sono entrambi molto attenti alle dinamiche politiche in quella parte del mondo.

 

La geopolitica mondiale, soprattutto le relazioni tra USA e Cina, potrebbe influenzare il conclave. Se si scegliesse un Papa come Parolin, che ha una lunga carriera diplomatica e ha gestito delicate trattative con la Cina, il Vaticano potrebbe continuare la sua linea di dialogo con Pechino.

 

Possibile effetto geopolitico: Un Papa più diplomatico, come Parolin, potrebbe lavorare per mantenere l’equilibrio tra potenze globali, mentre altri, come Tagle, potrebbero promuovere dialoghi più aperti e inclusivi. La Chiesa potrebbe essere vista come un attore di mediazione in conflitti geopolitici, soprattutto in un mondo sempre più polarizzato. La Russia e la Cina potrebbero trovare in un Papa pragmatico una figura utile per tenere sotto controllo la tensione con l’Occidente.

  1. Il peso delle alleanze interne

Oltre alla geopolitica esterna, anche gli equilibri interni alla Chiesa influenzano le decisioni politiche, ad esempio il rapporto tra la Curia romana, la gerarchia ecclesiastica nazionale e i cardinali. La geopolitica interna, come la gestione delle relazioni con le Chiese locali in India, Africa, America Latina e altre regioni, è altrettanto rilevante.

 

Possibile effetto geopolitico: Il conclave potrebbe preferire un Papa che abbia una forte connessione con il mondo sviluppato (come Parolin) o uno che possa meglio sostenere le Chiese locali in Asia o Africa. La Chiesa è sempre più globale, e le sue scelte future potrebbero riflettere un orientamento multilaterale piuttosto che un approccio centrato sull’Europa.

Conclusione

La geopolitica mondiale avrà un impatto diretto sul conclave, poiché i cardinali considereranno il contesto globale e le alleanze geopolitiche nel determinare chi sarà il prossimo Papa. Il conclave (purtroppo o per fortuna non sta a me dirlo) è strategia diplomatica, relazioni internazionali e la necessità di rispondere alle sfide politiche e sociali di un mondo sempre più complesso.

Prediction

I riformisti hanno i numeri, ma dovranno trovare un candidato che unisca anche i moderati.

Un Papa europeo o latinoamericano con un profilo diplomatico potrebbe essere la scelta più probabile.

Se si cercasse un segnale di rinnovamento globale, un Papa asiatico o africano sarebbe una possibilità concreta.

 

 

Tra i nomi che si profilano come possibili futuri leader della Chiesa, spicca quello del Cardinal Pietro Parolin.

 

Conosciuto come il diplomatico per eccellenza, Parolin ha saputo trasformare la sua esperienza da Segretario di Stato in una vera e propria arte della mediazione. La sua carriera è stata un percorso costellato di successi nella gestione delle complesse dinamiche internazionali, unendo tradizione e innovazione. In un contesto in cui il cambio di leadership della Chiesa non riguarda solo la fede, ma si intreccia con il potere geopolitico globale, il suo nome emerge come simbolo di equilibrio e visione lungimirante.

 

Ma cosa rende Parolin così affascinante per il conclave? È la sua capacità di navigare con maestria tra le esigenze di una Chiesa in evoluzione e le pressioni di un mondo in continuo cambiamento. In questo scenario, dove le alleanze si tessono dietro le porte chiuse della Cappella Sistina, il suo approccio pragmatico e diplomatico potrebbe rivelarsi decisivo nel guidare la Chiesa verso nuove frontiere.

Fattori

1Esperienza diplomatica unica – Come Segretario di Stato Vaticano, ha gestito dossier geopolitici complessi (Cina, Russia, accordi con stati islamici), dimostrando abilità nel mantenere l’equilibrio tra potenze globali.

2Figura di continuità ma moderata – Non è un riformista radicale né un conservatore rigido, il che lo rende una scelta di compromesso accettabile per diverse fazioni.

3Supporto della Curia Romana – Ha ottimi rapporti con la macchina burocratica vaticana, il che gli garantisce una rete di consensi interni fondamentale per il conclave.

4Visione pragmatica della Chiesa – È un realista: comprende il ruolo politico e sociale del Vaticano nel mondo moderno e potrebbe guidare la Chiesa con uno stile più istituzionale e meno “mediatico” rispetto a Francesco.

5Fiducia internazionale – I governi e le diplomazie vedrebbero in lui un Papa capace di mantenere la stabilità della Chiesa senza scossoni dottrinali.

Se il conclave punterà su una figura esperta, capace di tenere unita la Chiesa e di consolidarne il peso politico globale, Parolin avrà ottime chance di essere eletto.

Cardinale Pietro Parolin: Segretario di Stato Vaticano,

l Cardinale Pietro Parolin è il diplomatico di riferimento del Vaticano, noto per la sua abilità nel mediare complesse dinamiche internazionali.

Ha trasformato la sfida geopolitica in opportunità per la Chiesa grazie alla sua esperienza da Segretario di Stato.

La sua visione pragmatica e lungimirante lo rende un papabile di primo piano nel prossimo conclave.

 

Cardinale Matteo Zuppi: Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, noto per il suo approccio progressista e per l’impegno in missioni di pace, come il suo ruolo di inviato speciale del Papa nel conflitto ucraino.

l Cardinale Matteo Zuppi potrebbe vincere il conclave per diversi motivi strategici e geopolitici:

 

1Ponte tra progressisti e moderati – È vicino alla linea riformista di Papa Francesco, ma non radicale, il che lo rende accettabile anche per i cardinali più moderati.

2Forte esperienza diplomatica – Il suo ruolo di mediatore nel conflitto ucraino lo ha reso una figura internazionale credibile, qualità essenziale per un Papa in un’epoca di crisi globali.

3Radicamento nella Chiesa italiana – L’Italia ha ancora un peso forte nel conclave, e il fatto che sia Presidente della CEI gli dà un solido supporto interno.

4Appoggio di Sant’Egidio – La comunità di Sant’Egidio ha una grande influenza nel mondo cattolico e nei contesti diplomatici, e Zuppi ne è vicino.

5Sensibilità sociale e pastorale – È visto come un pastore vicino alla gente, con attenzione ai temi dell’accoglienza, della pace e della giustizia sociale, in continuità con lo stile di Francesco.

Se il conclave cercherà un Papa che mantenga lo spirito di riforma senza spaccare il Collegio Cardinalizio, Zuppi potrebbe essere il candidato perfetto.

Cardinale Luis Antonio Tagle: Originario delle Filippine, attualmente Prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione. La sua nomina potrebbe rappresentare un segnale di attenzione verso l’Asia e le Chiese in crescita in quella regione.

Il Cardinale Luis Antonio Tagle potrebbe vincere il conclave per diversi motivi strategici e simbolici:

 

1Vicino a Papa Francesco – Tagle è considerato uno dei suoi eredi spirituali, condividendone la visione pastorale e l’attenzione per i poveri e le periferie.

2Rappresenta la Chiesa asiatica in crescita – L’Asia è il futuro del cattolicesimo, con milioni di fedeli in aumento. Eleggere un Papa filippino sarebbe un segnale di apertura verso questa regione.

3Carisma e abilità comunicativa – È giovane (67 anni), empatico e amato dai fedeli, con uno stile comunicativo moderno che lo rende popolare anche tra i media.

4Esperienza nella Curia – Dopo essere stato arcivescovo di Manila, Francesco lo ha chiamato a Roma come Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, ruolo chiave per l’espansione della Chiesa.

5Può unire progressisti e moderati – Pur essendo un riformista, non è divisivo come altri candidati, quindi potrebbe raccogliere consensi anche tra i cardinali più prudenti.

Se il conclave vorrà un Papa giovane, dinamico e simbolo della globalizzazione della Chiesa, Tagle potrebbe essere la scelta perfetta.

Cardinale Pierbattista Pizzaballa: Patriarca latino di Gerusalemme, con una lunga esperienza nel dialogo interreligioso in Medio Oriente. La sua elezione potrebbe sottolineare l’importanza della pace in una regione cruciale per diverse fedi.

1Figura di pace in un momento di crisi – Come Patriarca di Gerusalemme, ha un ruolo cruciale nel dialogo tra cristiani, ebrei e musulmani, un tema centrale per la Chiesa oggi.

2Legame con il Medio Oriente – Eleggere un Papa con esperienza diretta nei territori della Terra Santa sarebbe un segnale forte di vicinanza ai cristiani perseguitati e alla pace nella regione.

3Personalità pragmatica e concreta – È apprezzato per il suo stile diretto, la capacità di mediazione e la sua esperienza pastorale sul campo.

4Appoggio di alcune frange riformiste – Pur non essendo un progressista radicale, è aperto al dialogo e ha una visione della Chiesa vicina alla linea di Francesco.

Pizzaballa è una figura affascinante e il suo nome potrebbe emergere in caso di uno stallo tra i candidati principali. Tuttavia, ad oggi resta un’opzione outsider più che un vero favorito.

E quindi veniamo al ruolo del dialogo interreligioso

📌 Dialogo interreligioso: chi può raccogliere l’eredità di Francesco?

 

Nel prossimo conclave, uno dei criteri chiave potrebbe essere la capacità del nuovo Papa di coltivare relazioni con il mondo islamico ed ebraico. È un campo in cui papa Francesco ha segnato un profondo solco, stringendo legami significativi con il grande imam di Al-Azhar, firmando il Documento sulla Fratellanza Umana ad Abu Dhabi, e visitando la sinagoga di Roma. Tra i papabili, spiccano nomi che questa eredità potrebbero non solo raccoglierla, ma anche rilanciarla. Pierbattista Pizzaballa, oggi patriarca latino di Gerusalemme, ha vissuto ogni giorno la complessità del dialogo tra ebrei, cristiani e musulmani, parlando arabo ed ebraico e rappresentando i cattolici nel cuore delle tensioni mediorientali.

Jean-Marc Aveline, arcivescovo di Marsiglia, è il volto del dialogo nel Mediterraneo, in una città simbolo della convivenza e delle frizioni tra culture. Dalla sponda sud, in Marocco, Cristóbal López Romero incarna la Chiesa della minoranza cristiana accanto all’islam moderato. E infine Luis Antonio Tagle, con la sua esperienza nelle Filippine e il suo stile mite e universale, potrebbe rappresentare una Chiesa capace di parlare alle religioni con il linguaggio della tenerezza e della testimonianza. In una fase storica in cui la fede, la pace e l’identità si intrecciano nei rapporti tra religioni, il prossimo Papa dovrà essere anche un uomo di ponti. Letteralmente.

Oltre a Parolin, Zuppi, Tagle e (in misura minore) Pizzaballa, ci sono altri nomi che potrebbero inserirsi tra i papabili in caso di stallo o di necessità di una figura di compromesso. Ecco alcuni candidati da tenere d’occhio:

 

 

  1. Christophe Pierre (Francia, 78 anni)

Perché potrebbe vincere: Attuale Nunzio Apostolico negli USA, grande esperienza diplomatica, ponte tra Chiesa americana e Vaticano.

Perché potrebbe non farcela: Età avanzata, poca esperienza pastorale diretta.

  1. Robert Sarah (Guinea, 78 anni)

Perché potrebbe vincere: Molto popolare tra i conservatori, rappresenta l’Africa, personalità forte.

Perché potrebbe non farcela: È troppo tradizionalista per la maggioranza dei cardinali e rappresenta una svolta opposta a Francesco.

  1. Sean O’Malley (USA, 79 anni)

Perché potrebbe vincere: Cappuccino, uomo di fede e riforma, rispettato per la sua lotta contro gli abusi nella Chiesa.

Perché potrebbe non farcela: Troppo legato al mondo anglosassone, età avanzata.

  1. Víctor Manuel Fernández (Argentina, 61 anni)

Perché potrebbe vincere: Braccio destro di Papa Francesco, arcivescovo di La Plata, giovane e molto riformista.

Perché potrebbe non farcela: Troppo vicino a Francesco, rischia di essere divisivo tra i cardinali.

  1. Oscar Rodríguez Maradiaga (Honduras, 81 anni)

Perché potrebbe vincere: Figura forte dell’America Latina, grande esperienza e influenza.

Perché potrebbe non farcela: Troppo anziano e con alcune controversie nel suo passato.

  1. Cardinal Jean-Claude Hollerich (Lussemburgo, 65 anni)

Perché potrebbe vincere: È il coordinatore del Sinodo sulla Sinodalità (cammino spiritutale promosso da papa francesco), quindi molto vicino alla visione riformista di Papa Francesco. Ha un forte profilo internazionale e una mentalità aperta, con esperienza in Asia (ha vissuto anni in Giappone).

Perché potrebbe non farcela: Non ha grande esperienza di governo nella Curia romana e potrebbe risultare troppo progressista per alcuni cardinali più conservatori.

7Cardinale Sérgio da Rocha (64 anni)

Perché potrebbe vincere: È giovane rispetto agli altri papabili, viene dal Brasile (il paese con più cattolici al mondo) ed è considerato un moderato capace di unire diverse anime della Chiesa. Ha esperienza come arcivescovo di Brasilia e San Salvador de Bahia, oltre a essere stato presidente della Conferenza Episcopale Brasiliana.

Perché potrebbe non farcela: Non è molto conosciuto a livello internazionale e non ha un ruolo di spicco nella Curia romana, quindi potrebbe non avere abbastanza sostegno tra i cardinali europei.

Se il conclave volesse un Papa sudamericano che non sia argentino, Da Rocha potrebbe emergere come un candidato di compromesso, soprattutto se il blocco latinoamericano dovesse spingere per una continuità con Papa Francesco.

8 Cardinale Robert Francis Prevost (USA, 68 anni) è un nome meno discusso tra i papabili, ma in un conclave con dinamiche particolari, potrebbe emergere come un candidato di compromesso.

 

Chi è il Cardinale Prevost?

Origini statunitensi, ma con esperienza internazionale: Nato negli USA, ha passato molti anni in Perù come missionario, vescovo e superiore degli Agostiniani.

Ruolo chiave nella Curia Romana: Dal 2023 è Prefetto del Dicastero per i Vescovi, una posizione di grande peso, perché è lui che supervisiona le nomine episcopali nel mondo.

Vicino a Papa Francesco: È stato creato cardinale nel 2023, segno della fiducia di Francesco nei suoi confronti.

Perché potrebbe vincere?

✅ Candidato di compromesso tra diverse anime della Chiesa – Non è un conservatore rigido né un progressista radicale, quindi potrebbe unire fazioni opposte.

✅ Esperienza pastorale e missionaria – Ha lavorato per anni in America Latina, il che gli dà un profilo “globale” e lo rende gradito anche al blocco latinoamericano.

✅ Ruolo forte nella Curia – Essendo Prefetto del Dicastero per i Vescovi, conosce bene la struttura della Chiesa e i suoi equilibri di potere.

✅ Appoggio di Francesco – Non è un gesuita, ma condivide l’approccio pastorale di Bergoglio e potrebbe portare avanti molte delle sue riforme.

 

Perché potrebbe non farcela?

❌ È ancora relativamente nuovo come cardinale – È stato nominato solo nel 2023 e potrebbe essere considerato troppo “fresco” per un ruolo così grande.

❌ Non è molto conosciuto al di fuori della Curia – Non ha ancora una forte rete di consenso tra i cardinali di diverse parti del mondo.

❌ Essere statunitense può essere un limite – Storicamente, la Chiesa ha sempre evitato di eleggere un Papa americano per non dare l’impressione di un’eccessiva influenza degli USA nella Chiesa.

 

Quali condizioni potrebbero favorirlo?

🔹 Un conclave lungo e divisivo – Se nessuno dei favoriti (Zuppi, Parolin, Tagle) riuscisse a ottenere i voti necessari, Prevost potrebbe emergere come figura di compromesso.

🔹 Il desiderio di un Papa missionario e pragmatico – Se i cardinali volessero qualcuno con esperienza pastorale forte e una visione missionaria globale, Prevost potrebbe diventare una scelta interessante.

🔹 Continuità con Papa Francesco senza spaccature – Se si cercasse un candidato che possa proseguire la linea di Francesco senza però essere troppo polarizzante, il suo profilo potrebbe risultare appetibile.

9 Il Cardinale Claudio Gugerotti (Italia, 68 anni) è un nome meno discusso tra i papabili, ma ha alcuni elementi che potrebbero renderlo un candidato interessante, soprattutto per il suo profilo diplomatico e la sua esperienza nell’Europa dell’Est.

 

Chi è il Cardinale Gugerotti?

Esperto diplomatico della Santa Sede – Ha servito come nunzio apostolico in Georgia, Armenia, Azerbaigian, Bielorussia, Ucraina e Regno Unito, il che gli ha dato un’esperienza unica nei rapporti con il mondo ortodosso e le grandi potenze.

Prefetto del Dicastero per le Chiese Orientali – Dal 2022 guida l’ufficio che si occupa delle comunità cattoliche orientali, un ruolo di grande rilevanza, soprattutto nel contesto delle tensioni tra Russia e Ucraina.

Ottimi rapporti con il mondo ortodosso – Ha vissuto per anni in territori a maggioranza ortodossa, diventando un riferimento nei dialoghi tra Vaticano, Mosca e Costantinopoli.

Perché potrebbe vincere?

✅ Grande esperienza diplomatica – La sua profonda conoscenza delle Chiese orientali e delle dinamiche geopolitiche potrebbe essere vista come un vantaggio per rafforzare il ruolo della Chiesa nel mondo.

✅ Figura di equilibrio tra Oriente e Occidente – In un’epoca di tensioni tra Russia e Occidente, Gugerotti potrebbe essere visto come un Papa capace di mantenere il dialogo aperto con Mosca e il Patriarcato ortodosso.

✅ Appoggio della Curia romana – Ha un profilo molto apprezzato tra i diplomatici vaticani e potrebbe raccogliere voti dai cardinali che vogliono un Papa con esperienza di governo.

✅ Età giusta – A 68 anni, è nel range perfetto per un mandato non troppo breve né eccessivamente lungo.

 

Perché potrebbe non farcela?

❌ Non ha un forte profilo pastorale – A differenza di candidati come Zuppi o Tagle, Gugerotti è più un uomo della diplomazia che un pastore vicino al popolo. Questo potrebbe penalizzarlo se il conclave cercasse una figura più carismatica.

❌ Non è molto conosciuto fuori dalla Curia – Nonostante la sua esperienza, il suo nome non è tra i più citati nei pronostici, e questo potrebbe rendergli difficile raccogliere consensi ampi.

❌ Un altro Papa italiano? – Dopo anni di Papi stranieri, i cardinali potrebbero preferire mantenere l’internazionalizzazione del pontificato.

 

Quali condizioni potrebbero favorirlo?

🔹 Un conclave incentrato sulla diplomazia – Se i cardinali ritenessero prioritario un Papa esperto nei rapporti internazionali, soprattutto con Russia, Ucraina e il mondo ortodosso, Gugerotti potrebbe essere visto come la scelta ideale.

🔹 Se Parolin venisse scartato – Se il blocco diplomatico volesse un Papa con esperienza, ma senza le criticità politiche di Parolin (che potrebbe essere visto come troppo legato alla Segreteria di Stato), Gugerotti potrebbe emergere come alternativa.

🔹 Se si cercasse un Papa con una forte competenza sulle Chiese orientali – Conflitti in Ucraina e Medio Oriente, tensioni con la Russia e il futuro delle comunità cristiane in paesi difficili potrebbero spingere i cardinali a scegliere un Papa con la sua esperienza.

 

Attenzione però a quello che è succeso tra zelenski e Trump e la forte influenza che Trump sta avendo sullo scenario internazionale.

Sì, un eventuale avvicinamento tra USA e Russia potrebbe avere un impatto anche sul conclave, seppur indiretto. La Chiesa cattolica non è un’istituzione geopolitica nel senso classico, ma il Vaticano è sempre stato sensibile agli equilibri mondiali. Vediamo come questa nuova dinamica potrebbe influenzare l’elezione del Papa.

 

  1. Se gli USA riducono il sostegno all’Ucraina, cosa significa per il Vaticano?

Il Papa Francesco ha sempre cercato di mediare tra Ucraina e Russia, senza mai schierarsi del tutto contro Mosca, il che gli ha attirato critiche. Se gli USA si avvicinano alla Russia, il Vaticano potrebbe sentirsi più legittimato a proseguire una politica di dialogo con Mosca, anche sotto un nuovo Pontefice.

La Chiesa ortodossa russa è un attore potente nella regione e storicamente ostile alla Chiesa cattolica. Un Papa più diplomatico (come Parolin o Gugerotti) potrebbe essere visto come il miglior candidato per gestire questo scenario.

  1. Quali candidati ne beneficiano?

✅ Pietro Parolin → È il più grande diplomatico del Vaticano e ha avuto rapporti diretti con la Russia da Segretario di Stato. Potrebbe essere visto come il Papa ideale per gestire la nuova fase.

✅ Claudio Gugerotti → Ha esperienza diretta in Russia, Ucraina e Bielorussia. Se la geopolitica diventasse un fattore centrale nel conclave, la sua candidatura potrebbe guadagnare peso.

✅ Robert Prevost → Essendo statunitense, potrebbe essere un’opzione interessante se si volesse un Papa in grado di parlare direttamente con Washington.

 

  1. Chi potrebbe essere penalizzato?

❌ Matteo Zuppi → Ha guidato missioni di pace per conto di Papa Francesco, ma è percepito come meno esperto di diplomazia rispetto a Parolin e Gugerotti. Se il conclave si concentrasse su questioni geopolitiche, potrebbe perdere terreno.

❌ Luis Antonio Tagle → Il cardinale filippino è visto come progressista e molto legato all’Asia. Se il conclave dovesse orientarsi su un candidato capace di mediare con Mosca e Washington, potrebbe non essere la prima scelta.

 

  1. Direzione generale del conclave

Se i cardinali percepissero che il prossimo Papa deve gestire un nuovo ordine mondiale con un equilibrio USA-Russia più favorevole a Mosca, potrebbe emergere un candidato con una forte esperienza diplomatica e non troppo ostile alla Russia.

Se, invece, il conclave ritenesse che il Papa debba contrastare l’influenza russa, allora potrebbe rafforzarsi un candidato più indipendente dalla diplomazia tradizionale.

Conclusione

La nuova dinamica USA-Russia potrebbe dare un vantaggio ai candidati con forte esperienza diplomatica, come Parolin e Gugerotti. Tuttavia, dipenderà anche da come la maggioranza del Collegio Cardinalizio percepirà il ruolo della Chiesa nel mondo nei prossimi anni.

  1. La Geopolitica e il Conclave

 

Ora, attenzione: le recenti tensioni internazionali tra USA, Russia e Cina potrebbero influenzare l’elezione. Se Washington e Mosca ridisegnano i loro rapporti, il Vaticano potrebbe scegliere un Papa che sappia muoversi in questo nuovo equilibrio.

 

Se servisse un Papa diplomatico per gestire il rapporto con la Russia, Parolin o Gugerotti sarebbero in pole position.

 

Se il focus fosse sulla crescita della Chiesa in Asia e Africa, allora Tagle o un candidato africano potrebbero emergere.

 

Se si volesse un Papa fortemente pastorale, la scelta potrebbe ricadere su Zuppi.

  1. La sorpresa è dietro l’angolo

 

Storicamente, molti Papi eletti non erano i favoriti della vigilia. Giovanni XXIII e Francesco stesso erano outsider. E se il conclave si arenasse su veti incrociati, potrebbe emergere un nome meno discusso, come Prevost o un cardinale latinoamericano.

 

Una cosa è certa: il prossimo conclave non sarà solo una scelta religiosa, ma anche politica. E chi uscirà vincitore, guiderà una Chiesa che deve affrontare sfide enormi, tra crisi di fede, geopolitica e cambiamenti sociali.

 

Restiamo a vedere. Perché la Storia, come sempre, ha in serbo qualche sorpresa.