Patrick Venerucci: ”La gioia più grande è l’amore della gente. Firenze 2001 indimenticabile.”
Intervista a Patrick Venerucci di Davide, Il Pattino di Riccione. Questo video è stato prodotto in collaborazione con SKATINGIDEA il portale del pattinaggio.
Patrick Venerucci, 11 volte campione del mondo, padre di Sara Venerucci (anch’essa pluricampionessa mondiale), riminese, oggi allenatore di tantissimi campioni e ambasciatore del mondo per il pattinaggio azzurro. Ciò che immediatamente colpisce di Patrick, per me che mi sono avvicinato al pattinaggio da pochissimo per seguire mia figlia Flaminia, è la sua energia e la simpatia innata. E’ un grande comunicatore, si percepisce subito. Nel pattinaggio è una istituzione, e col suo sorriso a 36 denti nasconde una serietà e una professionalità che pochi possono vantare. Ciò lo ha portato a vincere titoli, a conquistarsi un posto nella storia mondiale delle rotelle e oggi ad allenare le più grandi promesse azzurre e internazionali.
Patrick Venerucci, cominciamo dai titoli mondiali?
“Ho vinto 11 volte il campionato del mondo, con 17 partecipazioni tra singolo, con cui ho cominciato nell’86, e coppia (con Maura ferri e Beatrice Palazzi Rossi). Undici anni consecutivi e con due partner diverse, vincere l’oro mondiale è praticamente un record.”
Come ha iniziato a pattinare Patrick Venerucci.
“A 6/7 anni frequentavo la chiesa, andavo a catechismo alla Colonnella a Rimini con Don Fausto. Il parroco aveva costruito una pista di pattinaggio dove i ragazzini per lo più giocavano a calcetto. Vicino casa mia abitava una ragazza che pattinava, il cui padre faceva anche il giudice e insistevano per portarmi a pattinaggio visto che non c’erano maschi. I miei genitori mi avevano regalato dei pattini, ho provato, mi sono divertito un sacco e da lì non me li sono più tolti. Per un bel po’ sono stato l’unico maschio a Rimini.”
Quando ha iniziato a far coppia Patrick Venerucci?
“Da piccolissimo con una ragazza di Riccione. Non c’era una vera allenatrice di coppia artistico, e noi andavamo a pattinare a Riccione alla pista dei giardini dove veniva anche la Maria Rita Zenobi a darci lezioni! Poi ho fatto coppia con Barbara Pignataro, che era mancina, e già da lì ci allenava la Cristina (Pelli, oggi moglie di Patrick e mamma di Sara) ai primi Europei. Poi ho fatto coppia con Federica Costa, con la quale abbiamo quasi vinto un campionato italiano che forse meritavamo. Per i mondiali non fui convocato in quella occasione, e invece andai in singolo. Forse non lo ricordano tutti ma sono stato vicecampione del mondo di combinata e ho preso 2 bronzi nel libero! Australia ‘91 chi se la scorda, podio tutto italiano.”
Nel ‘91 hai fatto anche coppia ai mondiali?
“Sì, con Maura Ferri siamo arrivati secondi. E c’erano gli americani che la facevano da padroni, ma da quel momento abbiamo cominciato a crederci. Abbiamo lavorato tantissimo con la Cristina che ci allenava duramente e nel ‘92 a Tampa abbiamo vinto il primo titolo del mondo. La Cristina andava con le sue colleghe a tutti i campionati del mondo, filmava gli americani che erano i nostri idoli e portavano novità. Quando tornava a casa poi mi faceva provare tutto ciò che aveva visto. Noi studiavamo dagli americani ma dopo tanti anni ho avuto una soddisfazione grandissima: dopo tantissimi anni mi hanno chiamato gli americani per allenarli.”
L’incontro con Beatrice Palazzi Rossi come è stato?
“Beatrice fin da piccolina aveva sempre e solo vinto. Maura Ferri aveva smesso per problemi fisici e il partner di Beatrice Francesco Rodriguez pure e allora ci siamo messi in società. Abbiamo provato con la Be a e subito abbiamo cominciato a vincere i mondiali, a Salsomaggiore nel ’94.”
Cosa pensi del rapporto di coppia sportiva tra i due pattinatori?
“E’ un po’ come il matrimonio. Ci sono varie tappe. All’inizio, quando incominci, hai l’entusiasmo, quando la lanci vai anche subito a riprenderla per paura che cada e si faccia male. All’inizio sei protettivo e anche un po’ “tappetino”. Questo il primo anno. Dopo tanti anni magari il discorso cambia, ma devi cercare comunque di essere disponibile, premuroso, insomma far sì che il rapporto sia innaffiato di energia.”
E tu avevi il rapporto anche con tua moglie Cristina.
“Sì, e lei non si è mai creata problemi per il feeling tra me e Beatrice perché sapeva che era legata alla pista e stop. Ci vedeva tutti i giorni in allenamento. Negli ultimi anni io e Bea litigavamo spesso, ed era proprio Cristina a fare da collante.”
Quale è stato il più grande successo di Patrick Venerucci? E la più grande delusione?
“La delusione nell’87 quando credevo di meritare il successo, con la Federica avevo inventato un sollevamento nuovo che sarà chiamato proprio il “Venerucci”: siamo arrivati secondi ed eravamo una coppia Junior che gareggiava nella categoria senior! Secondo me ci meritavamo di vincere e arrivammo secondi, per la rabbia dormii in macchina la notte, e non in camera. Alla premiazione comunque il pubblico onorò con applausi più noi che i vincitori. Il giorno dopo nel singolo ho fatto bronzo e il commissario tecnico mi convocò per i mondiali. Da lì cominciai ad allenarmi seriamente anche in singolo. Poi c’è una delusione di fondo che sta sempre lì, che il pattinaggio artistico non sia sport olimpico. La soddisfazione più grande per me sta nell’essere stato apprezzato dalla gente, non solo come campione ma anche come persona. Sono sempre stato accolto nelle piste con tanto affetto e lo percepisco ancora oggi. Questa grande passione che ho per il nostro sport sto riuscendo a trasmetterla ai ragazzi più giovani e mi sembra che la gente lo senta. Fabio Signorini disse in una intervista in TV che io ero il più anziano e il leader del gruppo ma mi rapportavo ai più giovani come fossi un coetaneo mettendoli a loro agio. E questo mi ha sempre fatto piacere.”
Come è stato il passaggio da atleta ad allenatore?
“Lo facevo già prima, ma poi allenare mia figlia è stata dura! Con la propria figliola è ancora più problematica la cosa, e per la mamma è stata ancora più faticosa! Sara con la Cristina, sua mamma, faceva delle litigate furibonde, io facevo più da paciere. La difficoltà di quando porti in pista i ragazzi è che non senti perfettamente le loro sensazioni, non puoi sapere con precisione cosa stanno “provando” emotivamente in quel momento. E’ ancora più difficile stare fuori la pista che dentro.”
Come è la gestione di un gruppo. Tu e Cristina avevate tanti atleti a livello molto alto.
“Noi per due volte al mondiale abbiamo fatto oro, argento e bronzo con atleti nostri, allenati direttamente da me e Cristina tutti dello Sport Life Rimini e anche con gli Junior c’era sempre qualcuno sul podio. E’ una grande soddisfazione ed è difficilissimo: a livello organizzativo devo dire che la Cristina è stata sempre impeccabile. Io faccio il lavoro sporco e lei ci mette la sua mano con l’organizzazione che è determinate però affinchè funzioni tutto come si deve.”
La prospettiva italiana e internazionale nella coppia artistico dall’ottica di Patrick Venerucci.
“Per quanto riguarda l’Italia devo dire che stiamo crescendo moltissimo. Non ho mai visto un livello così alto come in questi ultimi anni, anche a livello Allievi e Cadetti. Nelle coppie senior il nuovo regolamento RollArt ha un po’ reso più difficile adattarsi, ma le coppie Big saranno sempre forti su questo non c’è dubbio. Chi ha iniziato un po’ più da grande con questo nuovo sistema di valutazione fa più fatica. Le nuovissime generazioni invece, che nascono e crescono con i criteri più moderni invece si troveranno molto bene. Oggi vedo che le giovani leve pattinano molto meglio, noi eravamo più rigidi mentre adesso vedo pattinate più fluide e più belle. Adesso si è legati di più a certe regole e si rischia di perdere un po’ di fantasia, però vedendo anche l’esperienza del ghiaccio posso dire che questo nuovo sistema del RollArt non è male e sarà una evoluzione del pattinaggio. Saremo più eleganti e più fluidi. Posso dirti che la Cristina era molto avanti come training già ai tempi: ci faceva fare allenamenti di danza. Ricordo Dario Franzoso che era un ex atleta e allenatore di coppia danza e questo ci aiutò tantissimo. Erano quelle basi che adesso si sono evolute con il RollArt: non basta più saltare, fare i sollevamenti o le alzate, ma devi saper pattinare. Adesso è importante la step sequence e la coreo-sequence. Io e la Bea grazie alle coreografie di Sandro Guerra avevamo già delle serie di passi che nessun altro aveva.”
L’evoluzione del materiale tecnico per Patrick Venerucci.
“Io ho veramente vissuto l’evoluzione dall’inizio. Ho messo di tutto ai piedi. A parte le ruote di legno, di cui però ho sentito parlare e le ho viste. Io ho una caratteristica: sono molto sensibile ai materiali e quindi ho cominciato a collaborare con la Roll Line e sottolineo l’importanza dei gommini, sempre sottovalutati. La svolta nei materiali è arrivata con la piastra energy che era molto più leggera, poi da quando sono venute fuori le ruote in poliuretano c’è stata un’altra evoluzione. Poi abbiamo fatto le “47” della Roll Line, all’inizio rosse, con una mescola abbastanza morbida da poterle usare direttamente in gara. Mentre prima dovevi pattinarci una settimanella per renderle buone. Queste ruote nuove scorrevano e tenevano allo stesso tempo fin da subito. Poi ora con le “Devil” abbiamo ottenuto il top. Deve passare il messaggio che i materiali aiutano tanto la performance, se vuoi ottenere il massimo dalla tua prestazione devi guardare anche all’attrezzatura nel dettaglio. Per dire anche i freni “Ambra” che sono i migliori, in molti li consumano troppo prima di cambiarli.”
Quale è la gara del cuore di Patrick Venerucci.
“Firenze 2001, mai vista tanta affluenza di pubblico, il palazzetto gremito che la gente non c’entrava. C’erano 8mila persone, per il pattinaggio sono tantissime: entravo il mattino a far le prove e le gambe mi tremavano. Ogni momento c’era qualcuno che mi diceva che era venuto a vedere me, si viveva una atmosfera davvero bella. Una delle cose più belle fu che prima della gara venne il nostro presidente Sabatino Aracu, abbracciò me e la Bea, e ci disse che voleva vedere tutti 10 alla fine del nostro programma. In quel momento quasi volevo uscire, tanta era la pressione. A ricordarlo adesso però ci scappa una risata. Quello tra l’altro fu uno dei programmi più all’avanguardia che abbiamo fatto. Abbiam fatto per la prima volta il quadruplo twist, che rimarrà nella storia. Ricordiamo che il programma era di Sandro Guerra naturalmente. A Tampa quando ho vinto per la prima volta i mondiali nel ’92 ovviamente è legato il ricordo della vittoria, il primo.”
Alessandro Zijno