Paola Fraschini: “Lo sport è immensa gioia. Ma è anche sacrificio; e sacrificare non vuol dire rinunciare, bensì rendere sacro qualcosa. Rendi sacro il tuo sport, un momento nel quale esprimere la parte più divina che è dentro di te.”
Quando mi sono avvicinato al pattinaggio artistico, grazie a mia figlia Flaminia (atleta della Roman Sport City di Pomezia), ho cominciato a girare su internet per caprine qualcosa di più e ovviamente mi sono imbattuto nei più grandi campioni di questo meraviglioso sport e così ho conosciuto Paola Fraschini, pluricampionessa del mondo, performer del Cirque Du Soleil, allenatrice, Mental Trainer, Fisioterapista. Tante capacità sviluppate nel tempo con caparbietà, una sensibilità speciale e tante tecniche mentali attraverso le quali lei stessa ha vinto tutto ciò che si poteva vincere nel suo sport, sentendo una consapevolezza che va oltre la crescita sportiva. Approfondendo la sua conoscenza ho letto il suo libro “Come il leone e la farfalla” che è uno dei più interessanti che abbia mai potuto leggere. C’è dentro la sua storia, le emozioni di una bimba prima e di una ragazza poi, che crescono con dentro una passione enorme, un fuoco grande che tuttavia è complicato da gestire per tutte le implicazioni che comporta a livello emotivo. Paola Fraschini spiega in maniera mirabile le tecniche mentali per esprimere al massimo le proprie potenzialità sportive e di performer e lo fa con esempi pratici partendo dalla esperienza su lei stessa. Le tecniche sono applicabili in tutti gli sport, tanto che io stesso, insegnante di tennis, ne ho beneficiato in prima persona e per i miei atleti. (Alessandro Zijno)
“Il talento è solo la voglia di fare qualcosa. Tutto il resto è sudore, traspirazione, disciplina” (Jacques Brel)
Intervista a Paola Fraschini di Davide, Il Pattino di Riccione. Questo video è stato prodotto in collaborazione con SKATINGIDEA il portale del pattinaggio.
Paola Fraschini, come cominci a pattinare?
“Mia mamma è una allenatrice di pattinaggio e comunque questo sport mi ha sempre attratta. Vedevo le più grandi, i costumi, la musica, e così fin da piccolina ho messo i pattini ai piedi con piacere immenso. Ho provato tutte le specialità possibili. Sono andata forte in “coppia danza” insieme a Marco Noli con il quale per 10 anni abbiamo vinto tantissimo a livello giovanile prima e anche a livello senior poi. Purtroppo Marco ha smesso. Così mi sono trovata sola e mi sono buttata nella specialità della “solo dance” che in quegli anni era la specialità degli sfigati. Fui una pioniera. In quel momento mi stavo laureando in fisioterapia, ero molto impegnata anche al di fuori del pattinaggio, ed ho cominciato a seguire un percorso di crescita personale seguita da una dottoressa e ho cominciato a sperimentare l’allenamento mentale. Da quel momento, era il 2009, ho cominciato a vincere: ho trionfato agli italiani e poi ho conquistato un posto ai campionati del mondo. Aver vinto quel campionato italiano nel 2009 fu davvero uno spartiacque del tutto inaspettato: l’anno prima ero arrivato settima.”
L’allenamento mentale, unito all’allenamento tecnico e fisico, ti ha fatto fare il salto di qualità?
“Poco prima dei mondiali mi ero fratturata il gomito. Era settembre e caddi in allenamento, quando a novembre avrei dovuto partecipare alla rassegna iridata. Per un mese non ho potuto pattinare. E mi sono sentita una sfigata pazzesca. Ma col senno di poi quella fu una fortuna, perché mi permise di accostarmi all’allenamento mentale, attraverso le visualizzazioni: sì, perché passavo le giornate passeggiando e ascoltando la musica della gara, visualizzando passo per passo quella che avrebbe dovuto essere la mia performance. Creai con l’immaginazione la mia gara perfetta. Aver vinto quel campionato del mondo, con quelle premesse, sole 3 settimane di allenamento forse, mi aprì le porte per una consapevolezza diversa. Da lì cominciai e studiare, andai a fare un Master di psicologia sportiva a Milano, e l’allenamento mentale così divenne una delle mie passioni. E ho voluto ora condividere questo mio percorso, aiutando attraverso la mia esperienza altri atleti e persone a sentirsi meglio e a performare al massimo. Tu vedi l’atleta in pista e sai che non è finita lì, una atleta non è solo quel movimento tecnico, quel fisico, quel momento. E’ anche tutto il resto, le sue sensazioni, il suo vissuto, le sue credenze, le relazioni, le aspettative, è tantissimo altro. L’allenamento mentale mi ha aiutato molto anche quando ho affrontato l’esperienza nel Cirque Du Soleil.”
Tu eri percepita da fuori come una macchina da guerra, tu come ti sentivi quando eri un’atleta?
“I miei obiettivi erano alti, così come era massimale la preparazione che facevo per competere. Sono sempre stata molto esigente con me stessa e comunque non ho mai dato niente per scontato. Quando entravo in pista sapevo benissimo che tuti partivamo dallo stesso punto, e per vincere avrei dovuto dare il massimo. Piano piano nel corso degli anni sono divenuta sempre più consapevole: consapevole della mia forza, della mia preparazione ma anche della possibilità che accadesse un imprevisto o che ci fosse qualcuno più bravo di me in quel giorno. E attenzione che nel nostro sport c’è un giudizio umano, che va messo in preventivo e va accettato. E questa consapevolezza, una parola chiave, mi ha consentito di potermi esprimere al massimo come prestazione ma anche allo stesso tempo di sapere che non tutto era controllabile perfettamente da me. Ho avuto anche persone che mi hanno aiutata in questo percorso come mia mamma o Sandro Guerra.”
Paola Fraschini è campionessa del mondo e cosa fa? Decide di cambiare e si mette a far coppia.
“Ho fatto 2 anni con Marco Brogi nel 2010 e nel 2011 ed è stata una esperienza faticosa e molto bella, lui a Roma io a Genova, solo la passione ti spinge a trovare soluzioni. In quel periodo facevo la fisioterapista, lavoravo, insegnavo e considerando che non eravamo pagati economicamente, l’unica motivazione era davvero una passione viscerale. Andavo ad allenarmi a Roma, tornavo indietro, sono stati 2 anni intensi. Sono cresciuta molto in quel periodo anche sul piano tecnico, devo dire. E facevo anche “solo dance”.”
Poi che è successo?
“Dopo due anni e tanti successi con Marco ci siamo separati semplicemente perché stavamo limitando troppo le nostre vite. Poi ho continuato con la “solo dance” fino al 2014, e poi ho deciso di fare il quartetto: eravamo in 4 città diverse, non mi sono resa la vita facile. In realtà il 2015 è stato l’unico anno in cui ho pattinato solo per puro diletto, e mi sono dedicata di più all’insegnamento, alla creazione di coreografie che forse è la cosa che amo di più. In quell’anno, il 2015, ho percepito una sensazione di vuoto, così abituata come ero a stare in pista per preparare competizioni. E ho maturato l’idea di portare il pattinaggio fuori dalla pista, per dare ancora il mio contributo rendendolo una esperienza differente, ancora più legata all’arte a 360 gradi. Così ho mandato il mio curriculum e tutto il materiale che mi riguardava al Cirque Du Soleil, senza immaginare cosa sarebbe successo.”
Arriviamo a Paola Fraschini performer nel circo più importante del mondo.
“Ero in un momento un po’ difficile della mia vita, ho sentito una spinta e ho lanciato un amo nel mare. A fine 2015 ho avuto la convocazione per gareggiare con le celebrity e ho detto sì. Ho cominciato così con il quartetto, una esperienza che si è rivelata molto positiva visto che abbiamo vinto campionato italiano, campionato europeo e campionato del mondo. E’ stata dura perchè facevo Genova-Verona tutti i week end ma con le mie compagne mi sono trovata superbene. Tutto questo mi ha fatto crescere ulteriormente, oltre a permettermi di gareggiare di nuovo e sentire l’emozione della gara: non avevo mai provato a gareggiare in gruppo, esperienza nuova per me con dinamiche differenti. Con la coreografia bellissima di Sandro Guerra, che è il migliore. Verso aprile mi avevano chiamato dal Cirque Du Soleil, e io all’inizio non sapevo se crederci o meno: cercavano un protagonista sui pattini che interpretasse il concetto di libertà, “free spirit”, e feci delle videoaudizioni che dovetti preparare in 5 giorni. Dopo un paio di mesi mi richiamano e mi dicono che mi avevano presa per il personaggio protagonista!!!! OMG! Oh My God! A quel punto c’erano da sistemare alcune cose importanti della mia vita, a cominciare dall’inglese che non era super-fluenty. Era un salto nel buio, non sapevo nemmeno se raccontarlo. Alla fine ho fatto il mondiale di quartetto a Novara il sabato sera e il lunedì mattina avevo l’aereo per andare a Montreal: ho cambiato la mia vita in un giorno. Sapevo che sarei andata per tre mesi e poi tornata a casa per Natale. Arrivi lì e ti testano per un periodo, poi ti dicono se continui oppure no. E avevo accumulato tanto stress. Però alla fine sono rimasta ad oltranza. L’ultimo mondiale a Novara fu una emozione enorme per una serie di ragioni, prima fra tutte il fatto che due giorni dopo dovevo partire e affrontare una vita nuova e sconosciuta. In più c’erano tantissime persone a sostenermi, lo stadio pieno, quando ci ripenso mi viene la pelle d’oca.”
Come è stato l’approccio col mondo del circo, dello spettacolo?
“Io ho dovuto totalmente cambiare il mio modo di pattinare perché innanzitutto cambiavano gli spazi in cui muovermi che erano molto più piccoli, un palcoscenico 10X10 metri con un “turn table”, un cerchio che gira e 3 “lift”, cioè 3 gradini in mezzo. Aggiungici la difficoltà di pattinare con le altre persone in mezzo. E’ stato davvero difficile, all’inizio quasi uno shock. Vivevo di emozioni contrastanti: da un lato ero supercontenta ed eccitata, dall’altra ero frustrata perché mi rendevo conto di non poter dare il 100%. Non capivo bene cosa volessero da me, un giorno mi dicevano una cosa, il giorno dopo me ne dicevano un’altra. A Montreal, tra l’altro, fa un freddo cane e il palcoscenico a quelle temperature diventava molto scivoloso rendendo le condizioni per pattinare complicatissime. Giorno per giorno è stata una conquista: dovevo far capire loro cosa potevo fare, e loro dovevano comunicarmi ciò che avevano in mente. Piano piano abbiamo creato a costruire lo spettacolo più difficile della storia, come ha detto pubblicamente il Cirque Du Soleil stesso. E’ stato un lavoro durissimo. Basti pensare che ad un certo punto hanno licenziato 20 persone, perché stavano cambiando lo spettacolo, e ognuno di noi temeva che il prossimo sarebbe stato lui. Ci sono stati cambiamenti radicali all’interno dello show che ovviamente aumentavano le pressioni sugli artisti. Lavoravamo dalle 10 della mattina alle 10 di sera. Ad aprile 2017 abbiamo cominciato gli spettacoli a Montreal e facevamo 9 show a settimana più le prove! Ho imparato miliardi di cose, ma non è stato un gioco. C’è stato un momento in cui mi sono fatta aiutare da uno psicologo dello sport, per ritrovare un po’ me stessa che mi disse delle parole molto importanti: Paola, sei abituata ad essere atleta, ricordati che adesso sei una artista.” Questo passaggio da atleta ad artista è stato molto difficile: quando gareggi nel pattinaggio hai 3 gare importanti in un anno, non di più. Quando sei una artista devi pensare di fare performance tutti i giorni. Prendevo ogni show come una gara del mondiale, e ho finito per bruciarmi: non dormivo più la notte e ad un certo punto ho dovuto cambiare questo aspetto e non è stato in un giorno ma attraverso un percorso lungo. Ho imparato anche ad accettare gli errori, io che per deformazione tendevo ad essere perfezionista. Ho capito che il perfezionista finisce col flagellarsi, punirsi dopo un errore. Chi tende all’eccellenza invece, in senso positivo, vive l’errore come qualcosa che può capitare anche dando il meglio di sé e ne coglie i frutti dell’insegnamento. L’acting, cioè la recitazione, l’intepretazione, essere carismatica in pista erano cose su cui avevo già lavorato e sono cose che amo: questo mi ha aiutato. A Montreal ho fatto tantissimo lavoro sulla recitazione, sul linguaggio corporeo. Il mio personaggio è il capo dei free spirits, supercolorato, superentusiasta, e sorridente che è la guida per l’altro personaggio principale al fine di faro diventare anch’esso free spirit. Il messaggio dello show è proprio trovare la tua libera espressione.”
Quale è la giornata tipo di Paola Fraschini.
“All’inizio avevamo prove al pomeriggio e la sera Show. Ogni settimana avevamo 8,9, o 10 show. Questo significava doppio spettacolo venerdì, sabato e domenica, e il solo lunedì libero. Mattinate libere, inizio prove alle 14, e lo show è alle 20. Hai delle pause, ma è comunque dura. Adesso siamo rodati e tutto è un po’ più fluido. Lo scorso anno mi sono fratturata un metatarso, ed ero davvero scoppiata, molto stressata.”
Paola Fraschini giramondo col Cirque Do Soleil?
“Abbiam fatto Canada nel 2017, Montreal, Ottawa e Toronto. Poi abbiamo girato gli Stati Uniti: siamo stati 2 mesi in ogni città mediamente. Tra una città e l’altra hai una settimana di pausa, perché i tecnici devono allestire nella nuova location, dopo aver smontato nella vecchia. Prossimamente era previsto lo Show in Europa, e per questo tengo duro e penso positivo anche in questo momento in cui per il Covid siamo fermi e non si sa quando riprenderemo. Gennaio 2021 sarebbe previsto lo spettacolo a Londra.”.
Alessandro Zijno
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