Il percorso coerente di Stefano Napolitano con Brandi e Piatti
Stefano Napolitano, 25 anni e numero 259 ATP, si racconta ai microfoni di Luca Fiorino.
Personalmente ho conosciuto bene Stefano Napolitano avendolo visto giocare un numero elevato di volte nel 2015 e 2016. Ho sempre ritenuto che avesse fatto il percorso più coerente tra i 4 moschettieri (Donati, Baldi, Quinzi e Napolitano) che diedero tanto lustro all’Italia nel mondo Juniores. E infatti è stato tra i primi a salire in classifica. Ho conosciuto molto bene anche il papà Cosimo, che è stato il vero creatore fino ad un certo punto di questa meravigliosa realtà. Stefano è un ragazzo molto tranquillo, tecnicamente molto forte, con un rovescio importante. Aveva fino a qualche anno fa qualche limite negli spostamenti ma ci ha lavorato tantissimo ed ora si muove molto bene per essere così alto. Il papà Cosimo è sempre il Deus Ex Machina ma lo ha affidato alle cure del Piatti Team, e con Cristian Brandi lavora e ottiene risultati.
Come stai gestendo questi giorni di clausura?
“Ho avuto una operazione al gomito ad inizio di febbraio, quindi per me sarebbe stato un momento di stop forzato in ogni caso per me. Sto cercando di lavorare tutti i giorni a casa in modo che la riabilitazione continui a ritmo serrato. Cerco di portare avanti anche il lavoro fisico, curando quei dettagli che magari necessitavano di più attenzione. Guardo qualche partita, studio qualche giocatore, mi riguardo.”
Tema punti ATP e operazione chirurgica.
“Credo che l’ATP troverà il sistema affinchè non ci siano stravolgimenti a livello di classifica. Ma il mio focus più che sulla classifica è sull’obiettivo di tornare a giocare quando l’attività riprenderà. Ho provato prima con delle terapie conservative, ho convissuto col dolore per diversi mesi, ma non riuscivo più a mettere qualità nel lavoro. Le ho provate tutte però dopo l’Australia parlando col mio team abbiamo deciso di operare. Il chirurgo che mi ha operato ha detto che in effetti, guardando dentro, era l’unica soluzione.”
La tua prima immagine del tennis da piccolino.
“Mio padre (Cosimo, NDR, persona vulcanica e fenomenale) ha avuto un circolo per parecchio tempo, ne ha un altro tuttora, per cui la prima immagine che ho è quella di uno Stefano piccolissimo che pulisce le righe. Abbiamo una foto che mi ritrae proprio così, avevo i capelli lunghi e la scopetta era più alta di me: ogni tanto con papà la rivediamo.”
C’è un aspetto della vita da tennista che ti piace meno?
“Beh lo star via dalla famiglia, dagli affetti per tanto tempo, però ci sono tanti vantaggi in questa attività per cui va bene così.”
Ortisei 2016
“Beh, una bella settimana, anche inaspettata. La settimana precedente avevo perso a Eckental. Avevo buone sensazioni, la superficie mi piaceva e fin dai primi allenamenti mi sentivo in palla. E’ stata una di quelle settimane in cui funziona tutto, il servizio era un fattore, ero più giovane di adesso e avevo meno consapevolezza ma mi ha lasciato un bel ricordo. Ortisei con la sua superficie veloce (detta ghiaccio NDR), in cui si gioca davvero su 2 o 3 colpi, aveva tutte le caratteristiche perché facessi bene e se ti funziona il servizio lì sopra voli. Credo, se ricordo bene, di non aver perso il servizio.”
Un anno dopo la tua prima vittoria a livello ATP contro MIcha Zverev e un 2017 che è il tuo miglior anno
“Sì, il 2017 è stata probabilmente la mia stagione migliore, nella quale ho trovato prestazioni e risultati in più settimane, sono stato più continuo. Parigi ovviamente è stata la settimana di maggior successo: durissime le partite con Giustino e Fucsovics. Poi di nuovo in 3 set con Bublik. Mi ricordo tantissime cose splendide: il rapporto con Cristian (Brandi NDR) il mio coach, che in quella settimana era davvero intenso, l’emozione di giocare 3 su 5 e poi vedere i grandissimi giocatori da vicino, l’atmosfera di uno Slam.”
Tu lavori con Cristian Brandi, in una ottica più ampia di lavoro nel Piatti Tennis Center, quindi anche con altri coach della struttura ligure.
“Sì, il rapporto sia con Cristian che con la struttura in genere è magnifico. Sono lì da anni e sempre con loro a parte una piccola parentesi con un allenatore straniero con il quale mi sono comunque allenato nella struttura di Bordighera. Ci sono persone molto valide un team di tutto rispetto, la qualità del lavoro è molto molto alta. Con loro ho sviluppato una crescita importante che forse non va di pari passo con i risultati per vari motivi, anche e soprattutto fisici. Sento di essere migliorato molto, sia a livello tennistico che umano. Ho trovato un equilibrio anche grazie ad Antonio Sacco, il mio preparatore mentale, che non fa parte direttamente della struttura di Piatti. Il team mi aiuta con i programmi ed è sempre presente anche in questo periodo di coronavirus. Sono molto fiducioso per il futuro.”
Come è la tua giornata tipo in questo periodo?
“La mattina faccio sempre una seduta di lavoro fisico, pranzo, mi riposo un pochettino e poi cerco di fare tutto quel lavoro che riguarda la parte riabilitativa del gomito. Per il resto guardo partite di tennis nel tempo libero, cucino perché mi piace molto, leggo, mi informo, ceno e poi magari chiamo le persone a cui voglio bene, la mia famiglia, la mia ragazza, i miei amici.”
C’è qualche tennista che studi particolarmente?
“Non c’è qualcuno di preciso. Allenandomi però da Piatti, come anche Jannik Sinner cerco di vedere anche sue prestazioni in gara per comprendere meglio magari determinati concetti che Piatti prova ad infondere anche dentro di me, come gestisce alcuni momenti. C’è molto da imparare comunque da tutti, assistendo ai match, dai grandissimi campioni così come dai next gen.”
Squadra preferita nel basket e giocatore preferito, tu che sei un grande appassionato.
“Io sono cresciuto con i San Antonio Spurs che mietevano successi, che avevano in quel momento Ginobili, Duncan; però ho un debole anche per il Lakers. A livello calcistico sono tifoso del Milan, non sfegatato ma comunque appassionato. Da bambino ero un superfan di Sheva e poi di Kaka.”
Voci del rientro a settembre.
“Non ho sentito voci, né ci sono state comunicazioni ufficiali. Nessuno sa quando si riprenderà, nemmeno i vertici dell’ATP. Una delle possibilità è che si potrebbe giocare anche a dicembre. Ora forse davvero ci sono cose più importanti rispetto alle nostre cose sportive.”
Dall’angolo social Salvatore Garbo (papà di Irene Garbo, tennista di 15 anni che ha già fatto il suo esordio professionistico a Santa Margherita di Pula) chiede come è stato il rapporto di Stefano col papà Cosimo tra i 15 e i 18 anni.
“Papà allenatore, non è facile. Entrambi devono essere bravi a distinguere il rapporto sul tennis, rispetto a quello sul resto. Questa cosa è forse più complessa per un adolescente. Puoi anche dimenticarti, o fai fatica a ricordarti diciamo, che chi prende le decisioni vicino a te è tuo padre e lo fa solo ed esclusivamente per il tuo bene. Allo stesso modo i genitori devono ricordarsi di quando loro avevano quella età, e cercare di comprenderne le esigenze. A 16 anni vorresti sentirti autonomo, cominciare a prendere decisioni, sentirti libero: hai bisogno di sbagliare, di crearti i tuoi spazi, e di modellare la tua personalità, anche attraverso gli errori. Con mio padre abbiamo litigato spesso, gioito spesso insieme, e il nostro rapporto è stato sempre molto diretto, molto sincero. A conti fatti il tennis ha finito col rafforzare il nostro rapporto e non indebolirlo, anche se ci sono stati momenti di scontri o di criticità.”
Hai raggiunto il best ranking 152 ATP nel 2017, cosa ti manca per fare il salto di qualità.
“Più che mancare qualcosa forse c’è bisogno di mettere insieme tutti i pezzi. In questo momento credo che sia fondamentale creare solidità fisica, per avere continuità nella performance. In più mi serve maturità a livello mentale. Sto cercando di utilizzare questo periodo proprio per conoscere meglio me stesso e poter far fronte meglio alle difficoltà del circuito. Dopo il best ranking ebbi un problema alla spalla, che aveva interrotto quella striscia positiva.”
Chi è il giocatore più sottovalutato a livello challenger?
“Se ti devo fare un nome ti dico Andrea Vavassori: ha vinto partite buone sia in singolo che in doppio e gioca molto bene. dall’anno scorso sembra cresciuto tanto ed è un ragazzo che lavora duro.”
Che ne pensi di Alcaraz Garfia (16 anni, numero 318 ATP, spagnolo), battuto a Firenze lo scorso settembre?
“Ci ho messo un set a capire cosa fare, infatti nel primo parziale ho perso 6-1. Il suo diritto è davvero molto pesante e ha ancora molti margini di miglioramento visto che è giovanissimo. In quella occasione non servì benissimo ma certamente ci può lavorare. Rispondeva bene, la palla gli viaggia abbastanza, si muove bene ed è seguito ad alti livelli da Juan Carlos Ferrero.”
Il posto più brutto dove ti è capitato di andare tra i Futures.
“Mi ricordo in Egitto, se non ricordo male era un torneo Juniores, in cui le condizioni erano terribili: i campi erano in terra, le righe disegnate, un caldo torrido, cibo “difficile”, non ho un gran ricordo di quel torneo.”
La sconfitta più bruciante
“Una sconfitta brutta per come è arrivata, e che ho digerito dopo diversi giorni. Australian Open lo scorso anno contro Fratangelo dove ho avuto 2 match point. Fu una partita combattuta, che è girata più volte, ero stato bravissimo a crearmi le occasioni giuste e poi non riuscire a portarla a casa mi è bruciato molto. Quella sera sono tornato in camera e sono rimasto a guardare il soffitto per molte ore.”
Chi ti piace dei giovani che stanno uscendo fuori?
“Parlano bene di questo Gaston, che ho incontrato una volta. Alcaraz e jannik hanno un livello superiore a tutti mi sembra.”
Cosa ti stupisce di Jannik?
“Credo che Jannik sia una persona molto semplice, molto efficace. Lo vedi sempre molto tranquillo che scherza, e dopo qualche minuto lo vedi che sta lì a lavorare duro. Lo conosco da quando aveva 13 anni, lo chiamo “roscio”, ed è migliorato molto nel corso degli anni.”
Programmi futuri.
“Dipenderà da quando si riprenderà, e se dovessero concedermi il ranking protetto per via dell’infortunio (credo sia sicuro visto che si è operato NDR) riproverò a salire, provando magari a ripartire per giocare molte partite e mettere ore di match nelle gambe. E’ molto presto per il momento.”
Una volta menzionasti Andreas Seppi come un esempio.
“Andavo a Caldaro ad allenarmi per cui Andreas era un puto di riferimento ed un esempio per me. Avendo la possibilità di stare lì qualche giorno anche con Max Sartori potevo spiarne i segreti, soprattutto in allenamento e diventava un punto di ispirazione. Anche lui è un ragazzo molto semplice, molto professionale.”
Alessandro Zijno