Pillole di saggezza: Claudio Pistolesi, campione da giocatore, campione da Coach
Claudio Pistolesi, campione d’Italia Under 16, campione d’Italia Under 18, campione del mondo Juniores nel 1985, best ranking numero 71 ATP. Come Coach ha portato Takao Suzuki dal nulla ai vertici del tennis mondiale; compagno di allenamento di Monica Seles (Practice Partner); Miho Saeki dal numero 160 WTA al 66 WTA); Georg Bastl e Attila Savolt portati in top 100 ATP; ha lavorato con la top20 WTA Ai Sugiyama; Davide Sanguinetti portato al numero 42 ATP; Anna Smashnova, portata al numero 15 WTA; Mara Santangelo portata al numero 120 WTA; Coach della Nazionale Giapponese di Coppa Davis; Simone Bolelli portato al numero 36 ATP; Michael Berrer portato al numero 42 ATP; Andreas Beck portato al numero 90 ATP; Robin Soderling portato al numero 4 ATP; Daniela Hantuchova portata al numero 17 WTA; Aljaz Bedene portato al numero 70 ATP. Oggi ha creato e dirige la sua Claudio Pistolesi Enterprise, un centro d’allenamento all’avanguardia.
Per far capire la portata storica degli interventi di Claudio Pistolesi, per quello che il tennista e coach romano ha significato nel mondo del tennis, la sua chiacchierata con Luca Baldissera (spalla e complice di Claudio in questa occasione) e poi altre parole rilasciate a spaziotennis.it comincia da uno spunto autobiografico divertentissimo ispirati da una foto.
“Era il 1986, al Roland Garros. L’anno prima Laura Garrone si era laureata campionessa del mondo Junior. Sulla scena nella serata di Gala organizzata dal torneo Ivan Lendl e Martina Navratilova che il giorno dopo avrebbero anche dovuto giocare. Sul palco con loro, Philippe Chatrier, un dirigente grandissimo francese, al quale è stato poi dedicato il centrale del Roland Garros, Ilie Nastase che non doveva stare al tavolo ma da guascone com’era si intrufolò e poi c’era Laura Garrone come vincitrice Juniores. E poi c’ero io: orgoglioso, in smoking che avevo noleggiato al costo di 300mila lire (“na botta, erano veramente tanti a quel tempo”), di rappresentare l’Italia nel mondo insieme a Laura. In questa foto ballo con lei, felici e orgogliosi entrambi.”
Luca Baldissera e Vanni Gibertini
Claudio ci tiene a sottolineare lo spirito positivo e l’energia che Baldissera e Gibertini portano nel circuito internazionale, girando praticamente tutti i tornei, viaggiando sempre con quell’entusiasmo che poi trasmettono a tutti noi che li seguiamo. Ciò ovviamente, faccio notare, fa molto piacere agli operatori del settore, ai Coach, ai giocatori, ai manager, perché questi sono esempi positivi di chi racconta il tennis da dentro per davvero, annusandone gli odori, cogliendone gli aspetti più reconditi senza legarsi esclusivamente ai risultati. E Claudio Pistolesi, da uomo di sport vero ha voluto ricordarlo ringraziandoli per il gran lavoro svolto.
Luca Baldissera chiede a Claudio come è la situazione in Florida in questo momento, a proposito della pandemia.
“Io sono a North Florida. A Miami, in South Florida, stanno messi malino. Io sono a 50 km da Jacksonville, che è una città grande, ho la casa vicino alla spiaggia, ma da news si capisce che la situazione sta volgendo non benissimo, e da due settimane siamo chiusi dentro. E’ un po’ come il tennis, devi partire prima, anticipare, è un fatto di timing.”
L’importanza della storia.
“La storia, nel tennis, ma in ogni attività umana, è importante. I ragazzi devono studiare la storia, il passato, conoscerla è fondamentale. Forse in Italia, ma anche in altre parti del mondo, si è data poca importanza alla storia del tennis, mentre sarebbe auspicabile che i giovani approfondiscano certi temi per conoscere chi ha creato i presupposti del mondo che stanno vivendo. Tra l’altro il momento del tennis italiano, sia a livello di tennisti che di Coach, è splendido.“
Il tennis è internazionale. Il tennis italiano maschile.
“Tutti i Coach sanno che la crescita dell’atleta passa attraverso il circuito, il girare, il conoscere situazioni, luoghi, culture, modi di pensare, diversi. “Racchette in fuga” si potrebbe dire. Molti mi chiedono il motivo di questo successo in campo maschile del tennis italiano e direi che concorrono diversi fattori: innanzitutto questo tramandare il mestiere di coach, e ne hanno giovato su tutti due bravissimo come Santopadre e Vagnozzi. Ai quali si sta aggiungendo un altro, che è Flavio Cipolla, con cui ho condiviso una settimana fantastica a Rio De Janeiro quando lui accompagnava Gianluca Mager. Anche Davide Sanguinetti, che ho allenato per 10 anni, ottavi di finale degli US Open: peccato che Davide Sanguinetti non alleni giocatori italiani. Poi c’è Gipo Arbino, che ha creduto in Sonego quando era un ragazzino e giocava a calcio fino a 12 anni, con delle gambe fortissime, e su cui Gipo ha lavorato, e anche lui viene dalla scuola del Maestro Rasicci al Tre Fontane.”
La Claudio Pistolesi Enterprise
“Collaboriamo con i College, la mia non è una Accademia, o comunque non mi piace questa definizione. Siamo un centro di Allenamento. Se le Academy sono incentrate maggiormente sul tennis, in realtà la CPE, Claudio Pistolesi Enterprise, è incentrata sulla crescita umana a 360 gradi, per la “education” del ragazzo. La parola education non va tradotta letteralmente educazione, quanto invece assume il significato di “crescita”, “formazione”. Ho tanto ragazzi italiani, adesso sono 26, che introduco al college: giocano ad altissimi livelli a tennis e nel contempo abbinano lo studio. E ci tengo a sottolineare che studiare non è affatto un piano B. E’ una crescita parallela a quella tecnica o atletica tennistica che finisce col creare un ragazzo o una ragazza completi sotto tutti i punti di vista. Tra i più in vista ci sono Giovanni Oradini, che presto partirà con la carriera professionistica; Corrado Summaria che sta facendo benissimo a Pepperdine; Giulia Pairone che è stata nazionale under 16 che è molto interessata anche allo studio ed è andata in Michigan: Giulia è venuta qui da me circa 4 anni fa per fare i Camp, che preparano proprio al mondo americano. E io ho la fortuna di conoscere tanti coach e quindi di poter consigliare il posto giusto per una determinata persona, ragazza o ragazzo che sia. Poi c’è Mattia Ros, un ragazzo friulano che sta facendo benissimo in Colorado, a Denver. Mi fanno fare tutti una bellissima figura, c’è una ragazza siciliana Maria Luisa Zirilli, che si è laureata ed ora è Coach in Tennessee. Poi c’è Niccolò De Fraia, che ha preso ben 2 lauree ed è un gran esempio con la sua famiglia per tutta la Sardegna: Nick ha delle doti di leader clamorose, è adesso il Coach più giovane della NCAA e pensa che allena ragazzi più grandi di lui come età. Nicolò De Fraia ha anche seguito Tommy Paul, il fortissimo americano, come Assistant Coach, sta davvero facendo passi da gigante. Anche Alberto De Meo, del Friuli anche lui, lavora con me, e ai tempi era andato a Tirrenia dove non si è trovato bene. Lui è uno dei pionieri, nel 2013 è arrivato. Lasciami nominare Mariagiovanna Nanti, un’altra delle pioniere, si è sposata, ha due lauree, lavora, il tennis permette di realizzarsi anche se non si gioca a Wimbledon. Il tennis è un successo se attraverso il nostro sport puoi trovare la tua strada. E ripeto, fare il college non è un piano B, in questo periodo storico in cui i costi sono clamorosi, tutto ti porta via tanti soldi, il coach, le racchette, l’abbigliamento, i viaggi, gli alberghi: se tu dai 18 ai 22 anni hai una borsa di studio dal college per cui tu giochi, puoi avere la possibilità di competere e migliorare. Per altro la competizione tra i college è sempre più alta, per cui è molto allenante: ti ritrovi a 22 anni in cui sei più maturo, i maschi anche più sviluppati fisicamente. Conosci perfettamente la lingua, sei abituato ad uscire dalla tua comfort zone. Questo è un altro messaggio fortissimo che dobbiamo mandare. Se vuoi fare il tennista devi abituarti a stare fuori dalla tua comfort zone: ti devi lavare i panni, lavare i piatti, devi gestire il budget, selezionare le persone con cui accompagnarti, sia dentro che fuori dal campo. Questa è una opportunità che esiste in pratica solo negli Stati Uniti ed è una occasione davvero importante per i nostri ragazzi.”
Interessante la risposta di Claudio ad una domanda di un ascoltatore della diretta andata in onda su facebook. La domanda verteva su un tipo di impugnatura, la semi-western di diritto sull’erba.
“Quello delle impugnature è un linguaggio superato. Si parla di “Tailor Made”, cioè fatta su misura, perché ogni tennista è diverso e ciò che conta sono le sensazioni e l’efficacia del colpo, che è diverso tra giocatore e giocatore al di là dell’impugnatura. Il discorso sul “grip” può restare un discorso scolastico. Ti racconto un episodio capitato qualche anni fa a Roma, in un circolo rinomato della capitale: in quel periodo allenavo Soderling, e nelle statistiche in quell’anno (in cui aveva vinto finora 20 partite su 21 e 3 tornei) nel servizio era il numero uno come rendimento. Uno dei Maestri del circolo mi si avvicina, mi fa i complimenti poi mi dice:”A Cla, te posso dì na cosa. Ma sto servizio de Soderling?! E’ tutto sbajato tecnicamente! Tu me insegni che il lancio….che la biomeccanica dice….che l’impugnatura…”. Ecco questo la dice lunga su alcuni sistemi di insegnamento in Italia. Ciò che conta è l’efficacia del colpo e la sensazione dell’atleta.”
L’ottimo Baldissera fa un riferimento a qualche commento su Medvedev. Qualcuno commentò così sul fenomeno russo: “e’ tutto storto, come fa a giocare così”. Beh i risultati parlano per lui direi o no?
Pistolesi rilancia: “Non c’è LA tecnica, c’è la mia tecnica, la tua tecnica. Uno è più alto, uno è più basso, è tutta una questione di adattamento alle mille situazioni. C’è la palla sopra la spalla da colpire, c’è quella bassa, c’è quella in avanzamento, c’è quella in recupero, una volta stai su un piede, poi stai su un altro appoggio, sono tutti diritti o rovesci diversi, e poi c’è rimbalzo o al volo, le combinazioni sono miliardi, non esiste un manuale del tennis. Questa cosa di catalogare è un sintomo di insicurezza del coach: altrimenti basterebbe mettere il distributore di consigli sul campo. Metti il gettone ed esce la regola su come si porta un diritto, o il consiglio sull’impugnatura del servizio. La domanda FONDAMENTALE da fare al giocatore è: “cosa senti”, al massimo si può suggerire di provare qualcosa di diverso, proprio per ricevere il feedback del giocatore stesso su cosa sente su un nuovo modo di “aprire”. Il tennis non è una prova estetica, bisogna vincere le partite.“
Su Pete Sampras
“Io ho giocato contro Sampras. Non è possibile dire chi è stato il più forte della storia, però posso dirti che se dovessi votare il miglior servizio della storia opterei proprio per Sampras. Non solo tirava forte e preciso ma sembrava avesse tre occhi. Io provavo a spostarmi sul diritto, mentre lui lanciava la palla, e lui riusciva anche a percepire il mio spostamento. Provavo ad anticipare e lui mi sorprendeva, serviva sempre dove non ero io, prima e seconda di servizio. La sua seconda di servizio era fenomenale. Al Queen’s semifinale contro Sanguinetti di cui ero il Coach, 7-6 7-6 il risultato finale per Sampras senza che Davide perdesse mai il servizio e aveva giocato benissimo: 8 palle break per Sanguinetti, 4 annullate con ace di seconda. Per me Sampras il miglior servizio della storia.”
Il rovescio a due mani. La nascita.
“Beh pensiamo a Beppe Merlo, del quale si parla sempre troppo poco. Se avesse seguito il manuale del tennis di allora, lo avrebbero cacciato via dal circolo. Il mio amico Luca Bottazzi mi ha raccontato cose incredibili su Beppe Merlo, davvero troppo sottovalutato. E torniamo a parlare dell’importanza della storia che insegna molto meglio dei più dei vari manuali tecnici. Poi c’è Cliff Drysdale che giocava il rovescio a due mani negli anni 60, fondatore dell’ATP, organizzatore del torneo di Miami, una persona eccezionale oltre ad un grande tennista.”
Il calcio
“Tutti sanno che sono romano e romanista. Da ragazzino andavo in curva sud allo stadio, a vedere la Roma di Falcao. Sono un malato di sport e voglio essere inclusivo, mi piace il modello di sport americano che include e non esclude nessuno. Sono stato molto contento di aver conosciuto Van Basten ad esempio, che non era romanista: avevamo lo stesso fisioterapista a Milanello. Pensa che poi mi ha dato addirittura un passaggio all’aeroporto.”
Sui Giovani azzurri
“Abbiamo diversi ragazzi interessanti. Il primo è Sinner che per altro somiglia al mio mito giovanile della musica, Umberto Tozzi. Sinner alle Next Gen ha ringraziato per la Wild Card di cui per altro non avrebbe nemmeno dovuto usufruire, perché era numero 11 e 3 ragazzi (Aliassime, Tsitsipas e Shapovalov) avevano rinucniato. Anche Musetti e Zeppieri sono molto forti. Andai a Latina nel 2016 con Giovanni Oradini per un torneo e vidi Zeppieri nell’esordio assoluto nel circuito professionistico. Lui è allenato da Piero Melaranci che lo conosce da quando era bambino, perché entrambi sono di Latina. Posso dirti di averci chiacchierato tanto quando ci siamo visti alle Next Gen a Milano e Melaranci è una garanzia così come Giulio è un bravo ragazzo e questo è il primo passo per essere anche in futuro un bravo giocatore. Sono in contatto anche col papà di Musetti. E’ buono per questi due ragazzi che Sinner gli faccia un po’ da parafulmine, essendo più avanti come prestazioni e risultati. E’ positiva questa competizione interna tra italiani, perché li stimola tutti. L’importanza della multi-disciplina si vede anche da Sinner che faceva lo sciatore fino a 12 anni così come Sonego faceva il calciatore. Anche Simone Tartarini con Lorenzo Musetti sta facendo un gran lavoro: il denominatore comune per una riuscita è l’EMPATIA come dice Alberto Castellani.”
Su Alberto Castellani
“Sai che ci sono gli Award dell’ATP, il miglior torneo, il miglior “come back”, e poi da 3 anni c’è il Coach of the Year, il premio al miglior allenatore che è una mia idea. L’anno scorso abbiamo istituito il premio alla carriera, utilizzando la metafora dell’albero: immaginate un tronco da cui partono le ramificazioni del coaching che a loro volta produrranno altri rami e poi frutti. I Coach dell’ATP lo hanno votato tra i 3 finalisti proprio Alberto Castellani, un uomo di una cultura tennistica ed extra-tennistica incredibile che da solo ha formato decine di coach e tennisti che danno lustro al nostro sport. Gli altri due erano Toni Roche e Nicki Pilic. E’ un riconoscimento di un prestigio incredibile, è l’unico che non ha mai giocato a livelli professionistici e non si capisce come mai in Italia non abbia mai avuto il riconoscimento istituzionale che merita.”
Su Simone Bolelli
“Torniamo sempre a quel discorso, l’importanza dell’empatia tra coach e giocatore. Con me Simone è diventato numero 36 al mondo a soli 23 anni, dopo purtroppo non si è più avvicinato a quei livelli. Non abbiamo la controprova ma se avessimo continuato a collaborare secondo me avrebbe potuto avere la carriera di Fognini. Il 2008 di Simone è clamoroso, ha battuto Del Potro a Parigi, ha battuto Fernando Gonzalez numero 12 a Wimbledon, ha battuto Cilic a Zagabria, l’anno prima aveva battuto Safin a Barcellona. Nel mondo molti si sono stupiti della collaborazione interrotta e delle successive difficoltà di Simone, ma non hanno tenuto conto delle difficoltà che possono incontrarsi in Italia a livello di istituzioni, pensiamo anche alla Giorgi per dire.”
Su Jay Berger
“Un pedalatore incredibile. Primo turno Roland Garros ’88, mi trovo sorteggiato proprio con lui, Jay Berger, che era tra i primi 10 del mondo. Il mio Coach Paolo Bertolucci mi dice guarda c’è Lendl che vorrebbe allenarsi con te. Ti scaldi con lui domani, dalle 9 alle 10 prima del match.” Io ero un po’ dubbioso, perché sapevo che l’indomani dopo il palleggio con Lendl mi sarebbe toccato quel lottatore di Berger, in un match 3 su 5. Bertolucci mi vede così indeciso e mi fa: “mica vorrai dire di no a Lendl, il numero 1 del mondo.” Il giorno dopo alle 8,45 siamo pronti, speravo che lui si rendesse conto che io avrei dovuto giocare poco dopo (Lendl invece non avrebbe giocato quel giorno). Cominciamo e dopo 3 secondi stavo già lì a dover remare per tenerlo, i miei piedi frullavano, ma non volevo fare brutte figure e sembravo un salmone che nuotava controcorrente. Insomma dopo un’ora ero distrutto, per me doveva essere solo un riscaldamento, per lui era un allenamento (lungolinea, incrociato, lungolinea, ad un certo punto, pensa te). Quando sono entrato in capo con Berger ero fuso e ho perso 6-2 6-2 6-3. Mi faceva piacere allenarmi col numero 1 del mondo, ma forse era meglio farlo un’altra volta. Quindi ragazzi, imparate anche a dire di no al numero 1 del mondo.”
Su Camila Giorgi
“E’ un’altra storia che mi ha portato a conoscerla molto da vicino e a sentirla anche adesso. Mi stupisco sempre pensando che nonostante mi sia trasferito negli USA nel 2013, abbia potuto ancora contribuire alla riuscita di tante ragazze e ragazzi e Camila ne è un esempio e mi rende molto felice. Camila ha avuto un passaggio molto delicato nel 2015, quando, dispiace dirlo, è stata attaccata duramente dalla Federazione secondo me immeritatamente. Senza rivangare tutta la storia, in pratica si trovò senza un luogo dove andare ad allenarsi. La numero 1 d’Italia. Ora c’è un centro di allenamento a Calenzano, non affiliato alla FIT, vicino Firenze, diretto da Erasmo Palma, dove con papà Sergio (che è l’artefice della carriera di Camila) si è spostata e da lì non si è più mossa. In questo centro il campo principale è stato dedicato a me, Claudio Pistolesi. Ogni tanto si sente qualcuno criticare il papà Sergio, come se non fosse lui l’autore (con Camila, ovvio) dei grandi successi dell’azzurra che è diventata numero 30 del mondo, ha sconfitto tantissime top player, è arrivata ai quarti a Wimbledon. Sono i fatti che contano. Hanno costruito un buon team, col preparatore atletico che è il prof. Andrea Castellani, si allena anche sul cemento in questa struttura che si chiama “professione tennis”, ed è di altissimo livello per cultura tennistica. In questo momento in Italia è un centro fondamentale, indipendente e libero.”
Su Gianluca Mager (oggi 79 ATP, 25 anni)
“Conosco molto bene Gianluca Mager perché l’ho allenato anche io, prima che andasse da Nargiso. Ero in Germania, a Monaco dirigevo un centro di allenamento per professionisti e mi cadde l’occhio su questo ragazzo, che aveva 17 anni e venne da noi per alcuni mesi. Poi per problemi economici che non dipendevano da mie scelte, se ne andò ma avevo il ricordo di questo ragazzo i cui colpi eccezionali mi ricordavano Andy Murray. Poi c’è stato il periodo con Diego Nargiso, e un altro breve a Tirrenia dove credo non si sia trovato benissimo. Ora è tornato a Sanremo. La sua storia è l’ennesima che testimonia che quando c’è l’ambiente giusto per un giocatore poi arrivano i migliori risultati. E lui a Sanremo lo sta trovando. In più c’è Flavio Cipolla che può essere per lui un valore aggiunto altissimo. Ero con lui e Flavio a Rio de Janeiro perché da poco ho cominciato ad allenare Andrej Martin (30 anni, numero 96 ATP, slovacco NDR) e ho potuto ammirare Gianluca Mager in tutta la sua crescita enorme, fino alla vittoria clamorosa con Thiem e fino alla finale del torneo. La sua fidanzata Valentine Confalonieri è un punto molto importante per lui, è una ragazza in gamba che ha fatto in Florida il college e il rapporto sentimentale può essere un punto di forza incredibile. Torno a parlare di Flavio Cipolla che può dare ancora qualcosa in più grazie alla sua esperienza e personalità: suo papà Quirino è stato per un periodo il mio Coach ed è stato uno dei casi più virtuosi di papà allenatore, visto che ha portato il figliolo al numero 70 del mondo. Flavio ha grande autorevolezza, i ragazzi lo seguono perché hanno fiducia in lui. Quando il rapporto coach-giocatore è basato sulla autorità è destinato a fallire, quando invece il coach dimostra questa autorevolezza allora diventa funzionante. Oggi Flavio allena anche Alessandro Giannessi. Gianluca Mager ha tante armi, ha tempo davanti a me e come obiettivo può porsi quello di essere testa di serie negli Slam, quindi tra i primi 32 del mondo. Ora ha un grande team.”
Alessandro Zijno