Yannick Hanfmann, il laureato
Yannick Hanfmann: tedesco, 26 anni, 138 ATP
Sviluppo Potenziale: (90% del potenziale, sembra giunto quasi al massimo)
Yannick Hanfmann ha 26 anni ma è decisamente più fresco e giovane della sua età soprattutto come usura mentale perché solo dal 2015 ha davvero cominciato a girare il circuito professionistico sul serio. Ha deciso prima di laurearsi in Relazioni Internazionali alla University of South California e avendo continuato a giocare ed allenarsi al college, ora può mettere a frutto le competenze tennistiche al massimo livello. Compirà 27 anni tra un mese, è ancora giovanissimo, e si sparerà le sue cartucce nei prossimi 4 o 5 anni. Destinato ad un possibile rientro in top 100 (è stato 99 a luglio scorso), forse con qualche puntata di maggiore livello e qualche scalpo eccellente quando in giornata ma non credo molto di più.
La Scheda
Alto 193 cm e ben fisicato, Hanfmann fa del servizio la sua arma migliore, seguita da un rovescio molto solido e sicuro. Il diritto per sua stessa ammissione è il colpo in cui si sente meno a suo agio ed anche a rete viene solo a prendersi il punto sebbene la mano non sia di pietra. Le doti di concentrazione e capacità di lotta sono ben note nel circuito, è uno che non molla mai, molto difficile da brekkare per ovvi motivi e capace di giocare su tutte le superfici, tranne forse l’erba perché gli spostamenti bassi non sono il suo forte. Su terra finchè domina il gioco è temibile, tanto è vero che i migliori risultati all’inizio della carriera sono stati proprio su terra battuta. D’ora in poi però immagino che preferirà le superfici veloci.
Le Dichiarazioni.
“Entrambi i miei genitori giocavano a tennis, io li accompagnavo anche se poi io praticavo calcio. Mano a mano mi sono impratichito con la racchetta ed eccomi qui. La scelta di andare al college non è certo nuova, molti altri atleti la fanno, di diverse discipline. Del resto è importante avere il famoso piano B. Io ho sempre seguito la politica, mi piaceva la storia e credo di poter die che studiare mi piace almeno quanto giocare a tennis. Ora che mi sono laureato in Relazioni Internazionali spero di poter dare tutto me stesso al tennis per qualche anno e provare a vedere quali sono i miei limiti. Sono un attaccante da fondo, baso molto il mio gioco sul servizio ma credo di saper fare un po’ tutto. La vita al college ti insegna a gestire i tuoi tempi, a non avere pause, a lottare duramente per farti valere, non darti alibi e per me è stata una esperienza fondamentale. Ora l’obiettivo è entrare nei tabelloni degli Slam, che ti garantiscono da soli un’annata positiva sul piano economico.”
La storia
Yannick Hanfmann nasce a Karlsruhe il 13 novembre 1991. Da Juniores non ha avuto una carriera sfavillante e la federazione tedesca lo ha spesso snobbato a vantaggio di altri tennisti più futuribili. Ha sbagliato, perché Yannick già nel 2008 aveva dato segni di sé a soli 17 anni nel circuito professionistico battendo in quell’anno il belga Gigounon che all’epoca sembrava un crack ed era ai primi posti nelle classifiche juniores. Poi per vari anni Hanfmann si è appunto dedicato agli studi in sostanza fino al 2015 suo primo anno in cui ha deciso davvero di fare il professionista. In carriera ha vinto finora 5 Futures e 3 tornei Challenger, con un best ranking piazzato al numero 99 pochi mesi fa. Nel 2017 la svolta con la vittoria di Ismaning, sul carpet indoor poi altri ottimi risultati con le vittorie nei Challenger si Shymkent e Braunschweig entrambe ottenute su terra battuta. Lo scorso anno ha anche fatto finale a Gstaad contro Fognini, ed è stata la prima volta che i riflettori si sono accesi su di lui, fino a quel momento un po’ sconosciuto ai più. Non sarà un fenomeno e non lascia molto spazio allo spettacolo, però è uno di quei tennisti in grado di vincere qualsiasi partita se entra il servizio. Finora non ha un rapporto buono con gli Slam, è riuscito ad entrare esclusivamente questo anno agli US Open, tuttavia mi aspetto qualche buon risultato sia in Australia sia al Roland Garros, se trovasse sorteggi fattibili.
Alessandro Zijno