Federico Gaio, prima partecipazione Slam della carriera a Flushing Meadows 2018

Federico Gaio, faentino, 26 anni, finalmente accede al tabellone principale di uno Slam, che garantisce non solo la soddisfazione di una vita, il coronamento del sogno di ogni bimbo che comincia a fare i torneini provinciali, ma più pragmaticamente porta in cassa circa 25mila Euro netti. Federico si è guadagnato l’accesso al Main Draw degli US Open con una vittoria nel turno decisivo a dir poco rocambolesca sull’argentino Trungelliti ottenuta al tie break decisivo. Per Federico che è uscito dai radar federali per raggiunti limiti di età (la FIT mette il tetto dei 24 anni per accedere agli aiuti) è stato un anno complicato. Tornato a Faenza dal mitico e storico allenatore Casadei, ha avuto una stagione difficile perché pur giocando bene è stato costretto a partire sempre dalle quali anche per entrare nei Challenger. La svolta dell’anno è stata secondo noi a Prostejov nel mese di giugno con i quarti (c’era stato anche un buon torneo in Uruguay a febbraio), poi confermando i progressi nel recente torneo Challenger di Padova dove Federico ha fatto finale. Ora Gaio è numero 241 ATP, ha un best ranking piazzato al 146 ATP, e ha una partita tanto affascinante quanto difficile contro il belga Goffin 27enne top 10. Gaio ha tantissime qualità tecniche, ha un servizio fenomenale, potente e preciso, si muove bene in campo nonostante un fisico ipertrofico ed anche tatticamente sta diventando davvero molto ordinato. Caratterialmente Fede è un ragazzo molto esigente con se stesso, persino troppo, e questo “perfezionismo” non sempre gli ha remato a favore nelle gestioni emotive in campo. Fuori dal ring tennistico è un ragazzo molto sereno e tranquillo, a fine 2016 l’ho intervistato in occasione del Challenger del Due Ponti e ripropongo quella intervista adesso che sono cambiate alcune cose come detto sopra.

Intervista pubblicata su Ubitennis nell’ottobre 2016.

In questa stagione abbiamo avuto molte occasioni di incontrare Federico Gaio e il suo Coach Daniele Silvestre durante i tornei Challenger che si sono succeduti in Italia: Gaio ha trionfato a San Benedetto del Tronto sia in singolare che in doppio in coppia con Napolitano, e a Biella dove ha sconfitto in finale il brasiliano Bellucci, un top 100 di buon livello. Ciò che più ci ha colpito in questi mesi è stata la crescita in tutti gli aspetti di un tennista Pro, da parte di Federico, una crescita costante e riconoscibile a vista d’occhio. I risultati ovviamente hanno rispecchiato questo salto di livello, e per Federico sono arrivati i primi titoli a livello Challenger (dopo 7 trofei ITF Futures nel singolare) e il suo best ranking ottenuto ad agosto come numero 158 delle classifiche mondiali. Possiamo tranquillamente dire che quando esprime il suo tennis vale già i top 100, e il prossimo step di crescita è quello di aumentare il suo livello medio, visto che è possibile stare al top per 50 settimane l’anno in un tennis come questo in cui anche il 1000 del mondo può metterti in difficoltà e la competizione è altissima. Federico oltre ad essere un gran talento, che tra l’altro è stato numero 19 al mondo tra gli Juniores, è anche un ragazzo davvero d’oro, sempre disponibilissimo, anche con i ragazzini delle scuole tennis che nel corso dei tornei chiedono di fare due palle con lui, o con i raccattapalle, quando pur sottoposto ad uno stress notevole non manca mai di regalare un sorriso al piccoletto che magari dimentica di portargli l’asciugamano. Lo incontriamo al BFD Challenger, dove ha perso al secondo turno da Bedene, in un match che ha dimostrato ancora una volta il suo valore a grandi livelli ed ha vinto il torneo di doppio con Napolitano: per una volta lo vediamo in abiti casual, con un paio di jeans e una maglietta che mette in mostra il fisico atletico e prestante del ragazzo faentino.
Ciao Fede (o anche Bomber, come lo chiamano affettuosamente, ndr). Dove e quando hai cominciato a giocare a tennis?
Ho cominciato a 5 anni durante l’estate, al club Atletico Faenza, perché mia mamma è sempre stata un’appassionata, e mi sono divertito. Fino ai 9 anni in realtà facevo anche nuoto, poi il tennis mi ha preso più tempo ed eccomi qui.

Che famiglia è la tua?
È una famiglia di grandi valori, mi hanno sempre insegnato il rispetto per il prossimo, l’aiutare chi è in difficoltà ed è più debole. Papà è un agente di vendita, mamma un’impiegata, io sono figlio unico e in casa ho sempre sentito l’amore dei miei che mi hanno anche dato serenità.
Tu sei stato subito forte, anche da piccolino nella carriera da Junior, quando hai capito che potevi diventare un professionista?
Sì, a 17 anni ero tra i primi 20 del mondo, sempre in nazionale. Nel 2006 abbiamo vinto il campionato mondiale a squadre con Miccini, Colella e il Coach Enrico Slomp.
Che tipo di giocatore è Federico, parlando di tecnica?
Mi sento un giocatore piuttosto completo come fondamentali, i miei colpi sono sempre stati molto potenti, anche grazie alla mia struttura fisica.
Tatticamente?
Negli ultimi tempi, grazie anche a Daniele Silvestre, che è il mio coach, sono diventato più ordinato, le scelte sono sempre più quelle giuste in campo, e tutto ciò dà una certa sicurezza.
Federico Gaio sul piano atletico.
Lavoro tantissimo e su tutti gli aspetti specifici durante le varie fasi della stagione. Diciamo subito che se c’è un nemico del tennista è il peso, per cui curo ormai da un po’ anche molto bene l’alimentazione, al fine di mantenermi bene, e poi lavoro molto su rapidità e velocità. La preparazione per il 2017 dovrei svolgerla a Tirrenia, per 6 o 8 settimane.
Uno degli aspetti su cui sei cresciuto di più è quello mentale, concordi?
Sono cresciuto molto, ma posso fare ancora meglio. Tendo per caratteristica psicologica ad essere un perfezionista, che di per sé non è necessariamente un difetto, ma lo diventa allorché finisci per vedere solo quello che “manca” senza dare il giusto peso alle doti che si possiedono e ai progressi che si sono fatti.
Una cosa che abbiamo notato da vicino, seguendoti ed applaudendoti nei tornei, è la gestione dei 30 secondi tra un punto e l’altro. Ci hai lavorato?
Sì, nei 30 secondi tra un punto e l’altro, e anche nei cambi di campo, cerco ovviamente un recupero fisico, poi trovo la positività, caricandomi, e visualizzo le scelte da fare nel punto successivo, pensando ad un piano tattico coerente.
Chi sono stati i tuoi allenatori in passato, e adesso?
Il mio primo maestro è stato Enrico Casadei a Cervia (il sito dell’ITF lo continua a segnare come suo coach, ndr). Poi da giovanissimo sono entrato nell’orbita della FIT con Giancarlo Palumbo. Attualmente mi alleno a Tirrenia, utilizzando le ottime strutture esistenti, c’è tutto quello che serve ad un pro, e con me c’è Daniele Silvestre che mi segue sia a Tirrenia in preparazione per i tornei, o per la preparazione invernale, sia nei tornei. Con Daniele c’è un bellissimo rapporto; è una persona positiva e realista, è molto diretto, sa spronarti a lavorare e sudare per ottenere i risultati e ti regala tranquillità e serenità. E chi vive il circuito sa bene quanto sia importante condividere le ansie, le paure, le vittorie, i momenti di esaltazione come quelli di “sfiducia” con qualcuno che ti capisca e riesca a produrre quella serenità positiva.

A proposito di serenità e tranquillità, è difficile trovare un equilibrio nei rapporti sentimentali per un tennista pro?
È davvero difficile, ovviamente ci si prova, ma il problema è che la partner finisce che la vedi davvero poco, in tempi e modi che purtroppo non riesci a programmare. Tutte le nostre scelte come tennisti professionisti ruotano intorno al calendario dei tornei, stati di forma, opportunità di giocare in posti differenti e imprevedibili, ci sono mille variabili che non puoi controllare. Non puoi dire alla tua ragazza “ci vediamo martedì e riparto sabato”, in quanto magari vai in fondo al torneo e decidi di avere altri programmi per quello successivo. Capisco che è anche difficile per una donna starti accanto, perché se, come è ovvio, anche lei ha un lavoro o una attività dovrebbe programmare i suoi impegni in funzione dei tuoi… mica facile.
Qual è stata la tua miglior partita e quale la peggiore?
La migliore che mi viene in mente quella con Bellucci a Biella in finale, mi sentivo davvero forte. La peggiore… non mi viene in mente. Buon segno vuol dire che ho rimosso le scorie emotive delle sconfitte (e ride)…

Sogni e ambizioni a medio termine?
Sicuramente entrare nella top 100, è una soglia psicologica ed anche un punto di riferimento importante. Al di fuori del tennis mi affascinano il mondo del marketing e della moda, ma adesso sono concentrato sul mio tennis, voglio davvero dare il meglio.
Programmazione delle prossime settimane?
Prossimo torneo Tashkent, dopo Mosca. Poi, se entro, Vienna o Basilea.
Ndr: Tashkent non è andato bene, Federico ha perso in due set netti dall’israeliano Weintraub, ma ha una giustificazione enorme: il visto è arrivato solo domenica sera, partenza per l’Uzbekistan all’ultimo minuto e subito in campo. Difficile giocare bene in queste condizioni…. A Mosca invece – dopo essere entrato in tabellone come lucky loser – Federico è stato sconfitto con un doppio 6-4 da Paolo Lorenzi. NDR: Ora dopo New York senz’altro la programmazione sarà ancora a livello Challenger con Genova e poi sicuramente gli indoor con Genova, Biella e Firenze.
Qual è la tua superficie preferita?
Da ragazzino ti avrei detto veloce, adesso forse terra rossa. Però a parte tutto posso far bene su ogni superficie.
Hai mai pianto per il tennis?
Può capitare, quando hai delle aspettative che poi non concretizzi, è proprio la parola “aspettativa” quella che ti frega e che ti fa soffrire. Dovresti prendere quello che arriva, una volta che sai di aver dato tutto, ma poi non funziona sempre così, e capita che hai qualche momento di sconforto.


Possono esistere, secondo te, vere amicizie tra tennisti?
Ci sono amicizie anche fuori dal campo, senza dubbio. C’è amicizia quando c’è rispetto, feeling, e si condividono delle esperienze. Io dico che sì, esiste amicizia tra di noi. Con Stefano (Napolitano, ndr) abbiamo legato molto e facciamo il doppio insieme quando facciamo lo stesso torneo; con Andrea Pellegrino anche se è molto giovane ad esempio c’è un bel rapporto; a Tirrenia con Lorenzi, che tutti stimiamo tantissimo per il superprofessionista che è sempre stato.
Temi caldi. Doping e scommesse.
Non fanno per me, credimi, mi infastidisce il solo pensiero.
Tema altrettanto caldo. Prize money. Che posizione deve avere un tennista per guadagnare discretamente?
Devi entrare nei 100 per guadagnare qualcosa di discreto. Altrimenti vivacchi, se vivacchi. Si dice che il tennis sia uno sport d’élite, ma l’élite è davvero poca, sono i top e basta se vediamo a livello economico. E la fatica è la stessa per un top player come per il 1200 del mondo. Per fatica non intendo solo l’impegno atletico, tecnico o mentale, anzi quello è il minore. Intendo quello organizzativo, economico per le trasferte, incordature, attrezzi, coach di livello in vari settori, altre professionalità come il medico, il fisio e mille altre. Nei Futures vinci un torneo e può non rimanerti niente in tasca. Nei Challenger va un filo meglio ma per stare in attivo a volte non bastano i quarti di finale. Pensa che da una statistica risulta che l’80% dei montepremi totale nel tennis resta tra i primi 10. Questo può essere un male per tutto il movimento.
Come ti sei trovato al BFD Challenger organizzato al Due Ponti Sporting Club?
Benissimo, è un ottimo torneo, c’è tutto, il circolo è meraviglioso. Sulla mia performance durante il torneo posso dire che volevo fare meglio, qualcosa di più ma non mi lamento. Ho perso la secondo turno con Aljaz Bedene, qualche rimpianto per il terzo set ma va bene così.
Veniamo al doppio, hai formato una coppia con Stefano Napolitano che qualcuno ha definito una potenziale coppia da Davis del futuro.
Guarda, la coppia è nata per caso, poi con Stefano ci siamo trovati bene, c’è feeling sia dentro sia fuori dal campo e abbiamo fatto 3 tornei, 2 vinti (San Benedetto e Roma Due Ponti) e nell’altro in Polonia abbiamo superato le quali contro due coppie forti poi ci siamo fermati. Entrambi siamo bravi nel gioco di volo, serviamo bene, e stiamo studiando schemi ben precisi su cui lavorare. Non mettiamo limiti alla Provvidenza.
Il tuo giocatore preferito?
Il mio preferito, quello per cui veramente stravedo è… Gaio.
Sorride Federico. In questa battuta c’è tutto il mondo di questo ragazzo faentino dolcissimo, delicato nei modi fuori dal campo quanto potente e forte nel colpire la pallina, che non ha perso il suo spirito ragazzino da vero amante del tennis e dello sport. I sacrifici che deve fare, come tutti gli altri che vogliono emergere in questa competizione allucinante, sono immensi e c’è la voglia ferrea di sbarcare nell’élite del tennis, in questo senso va interpretata la sua battuta. Vuole maledettamente farcela, Federico, sa che ne ha le potenzialità, e che è vicino al primo traguardo.
E tra i giovani ragazzi italiani?
Ne abbiamo tanti che stanno crescendo, quelli del progetto Over 18 FIT ad esempio stanno venendo su bene, diamogli tempo per sviluppare tutte le potenzialità. A Tirrenia tra gli altri c’è Umberto Rianna che sta lavorando bene insieme a tutti i collaboratori, sta portando avanti un progetto interessante. Umberto ha molta esperienza e capacità gestionale delle risorse umane, si sa interfacciare coi tecnici, conosce i giocatori, le loro caratteristiche, ciò che devono migliorare. Sono convinto che i risultati arriveranno presto.
Ringraziamo Federico Gaio, gli facciamo un in bocca al lupo enorme per i prossimi tornei e contiamo di rivederlo presto per chiacchierare dei miglioramenti, in tutte le direzioni. C’mon Bomber.

Alessandro Zijno